Paradossalmente proprio nel momento in cui l'economia globale è messa a nudo da tutti i suoi limiti intrinseci, il consesso economico neoliberista (i 100-200 che governano il mondo) lancia un’offensiva che accentua ancora di più i difetti del modello, sacrificando il welfare sull’altare del debito pubblico e di un PIL condannato a salire sempre, mentre l'unica vera soluzione sarebbe la decrescita: come si può puntare alla crescita infinita in un mondo di risorse finite?
Il messaggio che viene fatto passare, speculando cinicamente sulla situazione di estrema difficoltà che accomuna il mondo industrializzato (USA, UE e Giappone) e agitando lo spauracchio del default (sostanzialmente significa "stato di insolvenza" applicato ad una nazione), è che la responsabilità di quanto sta accadendo sia degli Stati, ovvero delle rispettive popolazioni. E' un falso clamoroso!Governi inefficienti e corrotti -negli anni passati e fino ad oggi- hanno male amministrato le finanze nazionali accumulando un indebitamento esagerato, in cambio di voti, potere e favori. Ora ci viene detto che il debito non è più sostenibile, e che va ridotto al più presto e senza andare per il sottile: perchè solo ora e non prima?
Per la semplice ragione che è stato deciso così: dopo aver speculato a livello bancario e appianato le perdite -private- coi soldi -pubblici- dei bilanci statali, ora è il momento di rifarsi direttamente con gli Stati medesimi.
Pertanto, col presupposto falso che degli abusi passati abbia beneficiato la generalità dei cittadini, si fa passare come necessario che il lassismo precedente venga controbilanciato da misure durissime, che vengono adottate in nome dell’emergenza ma che sono destinate a essere definitive.
Si tratta di una strategia largamente prevista e anticipata con dovizia di particolari da chi aveva compreso fin dall’inizio che la crisi esplosa nel 2008 non era affatto un fenomeno passeggero cui sarebbe seguita una “inevitabile” ripresa, ma lo spartiacque permanente tra un prima e un dopo.
Un "prima" all'insegna della manipolazione e dell’inganno riguardo alla possibilità di accrescere indefinitamente i livelli di benessere materiale personale e collettivo: illusioni alimentate creando enormi flussi di capitali fittizi, attraverso una serie di bolle speculative, e facendo aumentare a dismisura il disavanzo pubblico, allo scopo di diffondere una visione consumistica dell’esistenza e di assicurare alle classi dirigenti un sostegno vastissimo e, col tempo, assimilabile a un riflesso condizionato che non c’è più verso di rimuovere.
Un "dopo", che è quello in cui siamo sprofondati adesso, in cui si scopre che quelle mirabolanti promesse vanno drasticamente ridimensionate, dal momento che “qualcosa” non ha funzionato come avrebbe dovuto e che i guasti sopravvenuti hanno reso impossibile proseguire nella medesima direzione. O piuttosto: proseguire nella medesima direzione per tutti, dal momento che invece, ed eccoci al cuore del paradosso, le oligarchie che detengono il potere si guardano bene dal mettere in discussione i presupposti su cui poggia l’intero edificio economico e politico.
Quello cui stiamo assistendo, perciò, è un immane tentativo di rovesciamento della realtà. Invece di risalire alle effettive cause di quanto accade, ossia alle tare genetiche del liberismo imperniato sullo sviluppo illimitato, sul massimo profitto e sulla speculazione finanziaria, ci si ferma ai dati contabili dei singoli Stati, trattandoli alla stregua di aziende in dissesto che si sono indebitate per loro colpa esclusiva e che ora, innanzitutto a doverosatutela dei creditori e in subordine al fine di evitare la catastrofe del proprio fallimento, devono accettare qualunque imposizione e soggiacere a qualsiasi diktat.
La pretesa, insomma, è di addebitare il disastro ai cittadini, anziché al sistema, ai suoi deliranti obiettivi e alle sue pratiche spietate. Le parole d’ordine: ridimensionare al massimo il sistema di welfare e i diritti dei lavoratori, privatizzare i servizi pubblici, (s)vendere i beni collettivi. Linee guida che si traducono in una miriade di provvedimenti concreti, e fatali.
Detto in sintesi, l’obiettivo è ridurre lo Stato al garante dello statu quo. Con interi popoli che chinano la testa e avallano l’iniquità generale come un dato di fatto necessario, lieti di poter ottenere, in cambio del proprio assenso, gli ultimi benefici del consumismo e la vaga (quanto promossa da media e spot vari) possibilità di uscire dalla miseria e di ascendere prima o poi lungo la scala sociale, in sintesi la ricompensa dei pochi al prezzo della schiavitù economica di tutti.
In Italia e in Europa
Le politiche imposte dalla UE e dalla BCE per pareggiare il bilancio sono deflazionistiche, ossia fanno cadere la crescita, aggravando il problema. L'origine del problema è stato il fare affidamento sul capitalismo per prendere decisioni, un compito che spetterebbe ai consessi democratici.
Le agenzie di rating e le grandi banche globali impongono la loro volontà ai governi, i quali finiscono con il seguirne le indicazioni.
Fine della democrazia: i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
In precedenza, l'ex ministro Giuseppe Guarino, unico costituzionalista italiano ad opporsi al Trattato di Lisbona, ha denunciato sul Corriere della Sera il fatto che nel ventennio seguito all'accordo di Maastricht, la politica di bilancio europea è fallita. In un'intervista al Corriere della Sera il 15 agosto, Guarino ha bocciato l'ultima manovra del governo. "Questa misure fiaccano consumi già modesti, congelano lo sviluppo, L'Italia non può crescere solo con le esportazioni, una frazione di quella frazione del PIL che è l'industria".
In Italia, negli anni Ottanta, il debito pubblico cresceva, ma era in mano agli italiani che reimpiegavano in patria gli interessi ricevuti. E anche l'economia cresceva. Oggi metà del debito pubblico è in mani estere.
Se il costo di rifinanziamento del debito è superiore o pari alla crescita del PIL, questo causa una fuoriuscita di capitali costante.
Liberamente tratto da:VOILA', L'OFFENSIVA NEOLIBERISTA
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