I saggi dello Spirito venuti di tempo in tempo hanno sempre invitato i
contemporanei, oltre che a vivere saggiamente, ad inquadrare gli avvenimenti
del mondo in una visione più ampia e non solo materiale. Oggi questo compito si
rivela più che mai importante nei confronti dell’economia, che da semplice materia
scientifica è stata trasformata nel motore del mondo. Addirittura, all’inverso
di come dovrebbe essere in un mondo vivibile, ci propongono un mondo in cui anche
l’ecologia sarebbe inglobata nell’economia, e l’ossimoro “sviluppo sostenibile”
ne è il palese quanto ipocrita emblema, come se le regole che governano i
movimenti dei capitali fossero il “generale” e le leggi che governano la vita
della terra il “particolare”! Stabilire invece una giusta gerarchia di valori è
uno dei compiti dell’uomo alla ricerca dello Spirito, che non si isola negli
eremi, ma che cerca di vivere al meglio nella società dei suoi simili.
Il denaro è l’effetto più evidente del predominio dell’astratto sul concreto,
del virtuale sul reale. Uno strumento che, nel tempo, da servo utile a favorire
gli scambi, si è tramutato in un tiranno che fagocita il mondo. I modelli
astratti di economia, inventati dall’uomo, finiscono per essere imposti come
più reali della realtà. Ma una società in cui i modelli astratti e razionali
governano la vita umana, non può che essere una società estraniante e spietata,
non a misura d’uomo e del suo habitat. L’economia è una creazione dell’uomo,
non di Dio e, diversamente da cosa vorrebbero farci credere, non c’è nulla di
inevitabile in essa. Non c’è dubbio dunque che un’economia regolamentata a
misura d’uomo produrrebbe una società più vivibile.
L’obiettivo di uno Stato dovrebbe essere il pareggio di bilancio o il
benessere dei suoi cittadini? Forse non molti sanno che qualsiasi stato sovrano
(come fanno gli Stati Uniti, il Giappone e la stessa Inghilterra) può creare il
denaro che gli occorre, sostanzialmente dal nulla, essendo questa solo
un’operazione virtuale su terminali di computer, per cui la domanda è
tutt’altro che retorica.
L’attuale situazione senza regole del sistema economico ha conseguenze
disastrose per l’umanità:
- implica la necessità di uno sviluppo illimitato in un mondo di risorse
limitate e porta dunque allo sfruttamento degli stati più ricchi di risorse a
prescindere dalla povertà dei popoli che li abitano e conduce al disastro sociale
ed ecologico;
- incoraggia l’accumulo di capitali nelle mani di chi ne ha già molti, per
la serie “piove sempre sul bagnato”, con la conseguente esaltazione
dell’ingiustizia sociale e della scarsa democrazia (la sovranità –secondo il
disegno neoliberista- deve passare dal popolo agli organismi di potere
sovranazionali controllati dal potere economico);
- genera un sistema dalla base d’argilla, soggetto ad alti e bassi speculativi
e arbitrari, di cui le crisi ricorrenti sono l’inevitabile conseguenza.
Il movimento del denaro, oggi, su scala mondiale (esclusi i cosiddetti
"derivati", titoli speciali che moltiplicano i valori tramite leve
finanziarie) è quantificabile in 4mila miliardi di dollari al giorno. Solo il
2% di questi scambi corrisponde al commercio di beni e servizi. Questo
significa che il 98% è di natura speculativa. Il volume degli scambi di
derivati invece ammonta a 707.ooo miliardi di dollari
ovvero più di 10 volte il PIL mondiale (63.000 miliardi di dollari). Non
occorre essere esperti economisti per capire che questo volume enorme nelle
mani di pochi decisori senza scrupoli può innescare crisi cui nessuno stato può
opporsi. Crisi che, pur non avendo nulla a che fare con “l'economia reale",
vengono spacciate come inevitabili, come se dietro alla parola “mercati” non ci
fossero esseri umani e volontà di potere.
La concentrazione dei capitali nelle mani di pochi implica la
possibilità di influenzare pesantemente i governi e i procedimenti democratici,
tramite la corruzione, il controllo dei media e il cosiddetto “lobbismo”. La
spirale è involutiva e impedisce l’innescarsi di processi virtuosi come la cosiddetta
“decrescita sostenibile”. Le società occidentali, che attingono in costante
aumento al patrimonio comune delle risorse naturali del pianeta senza tenere
conto del tempo necessario perché esse si rinnovino, sono colpevoli. Gli
economisti ultra-liberali che dettano legge vivono in un mondo irreale in cui
la natura è considerata inesauribile. Questo errore, grossolano quanto
consapevole, dà come risultato un sistema economico abbandonato a se stesso,
senza controllo politico, dove si crea e si difende il mito dello sviluppo
infinito. Ed ecco che allora il termine “decrescita” viene associato dai media asserviti
a temi come la sofferenza e la perdita, mentre in realtà significa evoluzione,
qualità invece di quantità, trasformazione della coscienza invece di possesso materiale,
essere invece di avere.
Misure concrete per contenere le conseguenze del sistema attuale, disastrose
per la natura e per la società, potrebbero essere ad esempio: tassare le
transazioni finanziarie, anche se questo può essere fatto solo su scala
globale, altrimenti il risultato sarebbe solo quello di fare migrare i capitali
speculativi sui paesi che non le tassano, o imbrigliare la speculazione
inserendo regole molto più rigide delle attuali superliberiste, regole in grado
di penalizzare chi sfrutta persone e risorse, e di premiare chi opera nel
rispetto del pianeta e dei diritti umani. Purtroppo siamo ancora molto lontani
e all’impotenza o inesistenza di organismi sovranazionali di rispetto etico si
contrappongono potentissimi organi, espressione del potere finanziario, sia
semi-segreti (Gruppo Bilderberg, Commissione Trilaterale, Gruppo dei Trenta),
sia palesi come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e la BCE, tutte
di proprietà delle banche private.
La crisi
economica ha molti effetti negativi sull’umanità: milioni di disoccupati,
freddo, fame e sofferenze morali, sensazione di impotenza e frustrazione,
limitazione delle possibilità di studio e delle iniziative scientifiche, artistiche
ed educative. E, non ultimo, ha l’effetto di non concedere all’uomo, attanagliato
dai problemi esistenziali, tempo e risorse per darsi una risposta alle domande
cruciali per l’uomo stesso: “chi sono?”, “dove vado?”, “perché sono qui?”,
quelle cioè che portano alla scoperta della vera Spiritualità. La crisi dunque,
in quanto ostacolo all’elevazione dell’uomo, è da considerarsi contraria al
bene dell’umanità. Ma dopo averlo constatato si deve riconoscere che questa non
è ancora tutta la verità.
Volendo vedere gli aspetti positivi, qualche segnale di un risveglio
delle coscienze dal sonno del dominio economico è visibile. Dalla creazione di
valute alternative per favorire i commerci locali a misure volte a scoraggiare
l'importazione di beni prodotti agli antipodi con disastroso impatto ambientale,
dal proliferare delle banche etiche all’autarchia produttiva, fino al fiorire
di associazioni (soprattutto alimentari) che connettono direttamente il consumo
ad una produzione effettuata con metodi biologici e tradizionali. Inoltre è
facilmente riscontrabile la sempre maggiore attenzione della gente alle
tematiche alternative, di medicina, di alimentazione, di politica fino al
giungere ad un approccio più laico alla religione, che il primo passo verso la
spiritualità che tutto unisce e che trova le assonanze invece di concentrarsi
sulle diversità (come fanno le religioni istituzionali).
Durante i
periodi di crisi si acuiscono le possibilità, per l’uomo, di trarre utili
insegnamenti e lezioni spirituali. Spesso la vita troppo facile ed agiata non
permette di vedere, di rendersi consapevoli delle difficoltà dell’umanità. Come
non pensare al principe Gauthama prima che diventasse il grande Buddha? Come
non intravedere che la prosperità economica e il benessere materiale hanno molti
lati negativi? Chi crede che il benessere materiale e la diffusione di un certo
grado di istruzione generale valgano da soli ad appagare veramente l’uomo, a
renderlo migliore e più felice, commette un grossolano errore. Questo errore è
stato indicato e combattuto dai saggi di ogni tempo, ma esso permane
ostinatamente, anzi si è nei nostri tempi maggiormente radicato e diffuso,
tanto che costituisce la convinzione della massa delle persone. Il benessere
economico induce assai facilmente all’edonismo, cioè all’eccessivo
apprezzamento dei piaceri e dei beni materiali e, anziché dare appagamento e
serenità, acuisce i desideri, le avidità e le ambizioni.
I lauti
guadagni - soprattutto se sono rapidi e ottenuti più per il favore delle
circostanze che per merito o fatica personale - danno luogo a vanità,
ostentazione e sperpero. Spesso proprio le classi di popolazione più vicine
all’evoluzione spirituale ne vengono danneggiate. Per contro le ristrettezze
economiche e la rinuncia agli aspetti materiali, se vissute senza cadere nella
sindrome da privazione, possono arrecare importanti benefici all’uomo: a volte
si può constatare come il bisogno economico valga a scuotere gli uomini dalla
pigrizia, dall’adagiarsi sullo “status quo”, e li stimoli ad esercitare tutte
le loro facoltà inventive, la loro ingegnosità e le loro abilità in ogni campo.
Ma la
ristrettezza materiale, ben espressa dal concetto di “decrescita sostenibile”, può
dare altre lezioni di spessore umano e spirituale: essa obbliga a semplificare
la vita, ad eliminare tante necessità immaginarie. Tante sovrastrutture, di cui
si riteneva di non poter fare a meno, si ridimensionano. A volte si scopre che
i veri bisogni erano assai minori di quanto si riteneva, che, ad esempio
un’alimentazione più semplice e sobria è migliore per il corpo e per lo Spirito.
Si impara a dare valore a quello che già si possiede e si scopre che è assai
più di quanto ci sembrava quando lo disdegnavamo per perseguire sempre nuovi e
maggiori possessi. Si impara che il compenso dei beni rari che ci sono negati è
inutile, spesso dannoso, perché ottenuto a scapito di altri esseri umani. E si
cominciano ad apprezzare quelli ben più preziosi, che sono patrimonio di tutti
e di cui tutti possiamo fruire senza togliere nulla l’uno all’altro: sono le
meravigliose bellezze naturali, un tramonto tra le montagne, un alba sul mare,
lo sbocciare di un fiore, il sorriso di un amico, il gioco di un bimbo. E sono
soprattutto le gioie della vita interiore, delle liete meditazioni e dell’ascesa
dello Spirito.
La grande sfida del nostro tempo è dunque quella di agire
simultaneamente su due livelli, uno esteriore, volto a fare del nostro meglio
per capire il mondo e per migliorarlo, e l’altro interiore, per accettarlo e
farne un trampolino per la nostra evoluzione.
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