IL MONDO E' COME UNO SPECCHIO

Osserva il modo in cui reagisci di fronte agli altri. Se scopri in qualcuno una qualità che ti attrae, cerca di svilupparla in te stesso. Se invece osservi una caratteristica che non ti piace, non criticarla, ma sforzati piuttosto di cancellarla dalla tua personalità. Ricorda che il mondo, come uno specchio, si limita a restituirti il riflesso di ciò che sei.

martedì 28 febbraio 2012

Summit MMT di Rimini (Modern Money Theory)

Si è tenuto a Rimini, lo scorso week end, il primo summit italiano MMT, organizzato con cuore, sofferenza, abnegazione e abilità da un giornalista coraggioso, Paolo Barnard, che seguo da tempo su Internet, anche perchè ormai viene evitato come la peste da tutti coloro che hanno un seguito mediatico. E' stato un grande successo. Più di 2000 persone paganti.
Sono contento per lui, che paventava di dover disdire il tutto a causa delle insufficienti prenotazioni, e per questo paese, dove ogni tanto possono avvenire cose di cui essere orgogliosi. 
Sempre per pochi e sempre osteggiate dai grandi media asserviti ai poteri forti, però meglio di niente.

In proposito ecco quanto ha scritto Barnard poco prima del Summit.
Ed ecco quello che ha scritto ieri, tirando le somme, di cui vi propongo due stralci, di cui l'ultimo, emblematico:  "PER LA PRIMA VOLTA IL POPOLO S'IMPOSSESSA DELLO STRUMENTO DI POTERE CHE LE ELITE HANNO SEMPRE TENUTO PER SE’, L’UNICO STRUMENTO DI POTERE: L’ECONOMIA, E L’UNICA ECONOMIA CHE IL VERO POTERE TEME, LA MODERN MONEY THEORY, IL CIRCUITISMO, CIOE’ JOHN MAYNARD KEYNES PORTATO A OGGI. (...) Abbiamo aperto le porte e fatto uscire il Tirannosauro allo scoperto. Per ora il micidiale Vero Potere è riuscito a stendergli sopra un lenzuolo e a farlo scomparire. Ma vi avviso: o mi, ci, ammazzate, oppure lo rifacciamo uscire. E non ci fermiamo. Le cose che i 5 economisti ci hanno raccontato e insegnato sono il vostro terrore, lo so, lo sappiamo".
Questo è il link dell'evento: http://democraziammt.info/
Qui i temi e i relatori (gli economisti che sono stati chiamati dall'Argentina a risolvere la loro crisi economica, e che hanno avuto successo).
Che cos'è la MMT ce lo spiega in breve l'esperto di economia Federico Rampini, qui, che ne ha parlato il 22-2 nel suo blog su Repubblica, ma senza minimamente accennare al Summit. 
Propongo anche un breve video di rappresentazione dell'evento e il video dell'interessantissimo intervento dell'economista Stephanie Bell-Kelton, che esprime in modo scientifico come siamo messi in Europa, come è messa l'Italia e come i paesi europei siano asserviti alla Germania, fino a quando anche lei ce la farà a rimanere nel ristrettissimo ambito che l'euro (leggi il "vero potere" che l'ha voluto e impiantato a nostra insaputa del suo vero scopo) ha disegnato per asservire i popoli europei e mondiali.
L'unico quotidiano, nella sua versione on-line, che ha parlato dell'evento, seppur relegandolo nella pagina Emilia Romagna (come fosse un'evento locale!), è stato Il Fatto Quotidiano, che ha anche inserito una breve intervista a Barnard e qualche stralcio da qualcuno dei relatori.
Chiudo con un bell'articolo di uno dei relatori del summit, Michael Hudson, veramente entusiasta di quanto è stato compartecipe: LA NOSTRA NOTTE DEGLI OSCAR A RIMINI.
E con un'interessante intervista a Paolo Barnard, di Luca Pakarov, giornalista di rollingstonemagazine.it, uno dei pochi giornalisti accreditati.


Segnalo:
- notevole intervento di Nino Galloni, ex direttore del Tesoro, che narra come sia stato testimone dell'asservimento dell'Italia all'euro e alla Germania, nonchè della precarizzazione in luogo della flessibilizzazione del lavoro.
-  Summit MMT Rimini - Marshall Auerback (video e audio)
-  Summit MMT Rimini - Alain Parguez
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Commento alla MMT di EUGENIO ORSO apparso su rivista on-line "Comunismo e Comunità" del 6 marzo 2012

Ritorno al passato: Modern Money Theory e l’ombra di Keynes
di Eugenio Orso


I difetti più evidenti della Società economica nella quale viviamo sono l’incapacità a
provvedere la piena occupazione e la distribuzione arbitraria e iniqua delle ricchezze e dei
redditi.
(J. M. Keynes, Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta)
Quando discutiamo di MMT, e perciò di un improbabile ritorno al Keynes della
Teoria generale e del Trattato sulla moneta, non stiamo parlando di movimenti
popolari nati dal disagio economico e psicologico di massa, di nuove jaquerie che
esplodono nei periodi di crisi, di proteste contro questo capitalismo come quelle
degli Indignados (Europa) e di Occupy Wall Street (Stati Uniti), che peraltro
sembrano essersi già esaurite senza aver sortito effetto alcuno.
La MMT parte dagli USA con il figlio del noto economista John Kenneth Galbraith,
James, con Stephanie Kelton ed altri, ed anche dall’Australia con l’economista Bill
Mitchell, alimentata da personalità del calibro di Randall Wray, e i suoi sostenitori
non sono esattamente una massa numerosa e indistinta di “utili idioti”, come lo
sono invece gli Indignados e gli Occupy W.S., espressione di una protesta vaga,
priva di obbiettivi precisi, politicamente corretta ed inefficace, e perciò destinata a
languire, prima di estinguersi senza conseguire alcun risultato, su un binario
morto.
Questa volta si tratta di economisti, di “animali accademici” concentrati
soprattutto, ma non solo, nel dipartimento di economia dell’Università del
Missouri, in quel di Kansas City, e quindi interni al sistema neocapitalistico vigente,
quota parte, per quanto minoritaria e indisciplinata, dei suoi “apparati ideologici”.
Alcuni fra questi vantano qualche influenza sulla politica e qualche contatto con
l’amministrazione americana.
Le grandi questioni che indubbiamente solleva la MMT, o teoria della moneta
moderna, si legano al delicato rapporto che esiste fra stato e moneta, al potere
conferito ai governi di suscitare la crescita capitalistica e l’occupazione, attraverso
l’espansione della spesa pubblica e i deficit dei bilanci statali, evitando fenomeni
devastanti come quello dell’iperinflazione.

La Modern Money Theory è una reazione alle dinamiche del Nuovo Capitalismo
finanziarizzato del terzo millennio, che non generano in occidente sviluppo
produttivo e nuova occupazione.
Non si tratta, in tal caso, di una generica protesta contro le banche e la grande
finanza, di una rivolta cieca contro la finanziarizzazione dell’economia, come quella
degli indignati che occupano edifici e parchi, né di semplici rivendicazioni salariali
di lavoratori che subiscono riduzione dei redditi e perdita di diritti, ma di un
piccolo “attacco” al sistema neocapitalistico partito proprio dall’interno del sistema,
del dissenso manifesto di una minoranza, sviluppatosi fra quelli che dovrebbero
essere gli “officianti” del rito neocapitalistico, i nuovi sacerdoti, cioè gli economisti.

La querelle storica fra keynesiani/ neokeynesiani e monetaristi si è protratta per una
parte significativa del novecento, ha inciso sulle trasformazioni politiche,
economiche e sociali che hanno investito tutto l’occidente, e influenzato il mondo
intero, ed alla fine si è risolta a favore dei monetaristi, con la vittoria della teoria
quantitativa della moneta di Milton Friedman, gettando le basi per il passaggio dal
capitalismo del secondo millennio ad un nuovo modo storico di produzione: il
Nuovo Capitalismo finanziarizzato, sotto la cui ferrea egida oggi stiamo vivendo.
Proclamare la neutralità dell’offerta di moneta rispetto alla crescita della cosiddetta
economia reale (produzione, occupazione) e presupporre un tasso “naturale” di
disoccupazione al di sotto del quel non si può andare, come hanno Friedman e i
monetaristi, significa minare alla base le teorie di Keynes e dei neokeynesiani,
sconfessarle e procedere in direzione opposta, quanto a politiche economiche,
moneta, spesa pubblica, occupazione, ed è proprio questa visione che ha vinto, a
cavallo fra gli anni settanta e i primi ottanta, spalancando le porte al neoliberismo.
Negli anni ottanta e novanta del novecento, in particolare, è iniziato lo storico
passaggio, equivalente ad un “cambio di Evo” e non ad un semplice cambio di fase
capitalistica, fra il capitalismo dello scorso millennio e quello del ventunesimo
secolo, una vera svolta dalle implicazioni e dagli sviluppi non ancora del tutto
chiari, caratterizzata dall’inizio di grandi trasformazioni culturali e antropologiche,
economiche e sociali, ed anche geopolitiche.
Si è passati da una concezione della spesa pubblica, e dei deficit governativi, quale
“principio attivo” del celebrato Sviluppo economico, a restrizioni penalizzanti per
la crescita della produzione e dei consumi della spesa stessa, così come questo
processo alla lunga ha portato ad espropriare stati e governi, in particolare
nell’Europa dell’Unione, dell’indispensabile sovranità monetaria che sola può
garantire lo Sviluppo capitalisticamente inteso.

Quella degli economisti MMT, che rievocano lo spirito “buono” di Keynes per
esorcizzare i peggiori animal spirits di questo capitalismo, rappresenta una
reazione di una qualche importanza al presente stato di cose, proprio perché sta
avvenendo negli “organi interni” del Nuovo Capitalismo, ed è espressa da alcuni
fra coloro che dovrebbero assumere le funzioni di “ideologi” del sistema, gli
economisti accademici, i quali hanno il compito partecipare all’elaborazione di un
elemento strutturale di grande importanza: l’ideologia di legittimazione.
La demonizzazione e l’uso strumentale del deficit e del debito pubblico, da
comprimere assolutamente senza curarsi degli effetti sociali e di quelli sullo stesso
sviluppo degli apparati produttivi nazionali, sono il Leitmotiv che ci ha
accompagnato in questi anni, e che allieta esclusivamente ai detentori del potere
effettivo e di quello finanziario, ma gli economisti MMT sembrano andare in
direzione opposta, perché solo l’elevarsi della spesa pubblica e del deficit possono
favorire la Crescita capitalistica, gli aumenti dei redditi, dei consumi, della
produzione e dell’occupazione, fino alla posizione estrema che tollera un deficit
illimitato.
E’ chiaro che uno stato che si permette di accettare un deficit elevato per
promuovere lo Sviluppo capitalisticamente inteso, deve avere una piena sovranità
politica e monetaria, e non può essere sottomesso a potentati esterni ed organismi
sopranazionali, che esprimono interessi privati in aperto contrasto con quelli
collettivi, com’è il caso dell’Italia di oggi, sottomessa dai grandi Rentier finanziari e
dall’Europa dell’Unione che opera per loro conto.

La Modern Money Theory, se lo scrivente ha ben compreso i suoi fondamenti, non
può tollerare, per la sua stessa essenza, l’esistenza di una moneta sopranazionale e
“privata” come l’euro, sulla quale stati e governi non hanno un pieno controllo.
Emettere moneta è prerogativa dello stato, ma sappiamo bene che accanto alla
moneta avente corso legale esiste la grande massa di moneta secondaria, bancaria e
contabile, superiore a quella della moneta legale in circolazione, ed è proprio per
questo che uno stato sovrano dovrebbe poter controllare l’intero sistema bancario
nazionale, e non esserne succube.
La fiscalità è anche una prerogativa di stati e governi, non assoggettabile a patticapestro,
imposti dall’esterno, come il fiscal compact europeo che è in cantiere, e la
sua funzione potrebbe essere intesa come regolatrice, per impedire, manovrando la
leva fiscale, il “surriscaldamento” del sistema economico, gli eccessi di domanda e
le situazioni patologiche che sfociano nell’iperinflazione.
Il punto nodale del deficit/ debito pubblico è affrontato dagli economisti MMT da
bravi keynesiani/ postkeynesiani (che apprezzano Minsky), perché se il mostro è
l’inflazione che degenera in iperinflazione (ricordiamoci che qualche decennio fa
proprio la diabolica combinazione inflazione‐stagnazione, detta stagflazione, ha
prodotto la sconfitta delle teorie e delle politiche keynesiane/ neokeynesiane),
questo mostro potrà materializzarsi soltanto in situazioni di raggiunto pieno
impiego del lavoro e di tutte le risorse, che allo stato attuale delle cose, se si pensa
al dilagare della disoccupazione e della sotto‐occupazione in parte significativa
dell’occidente, non sembrano francamente possibili.

Con la MMT si torna al passato, al tormentato periodo che ha fatto seguito al crollo
del ’29, ma soprattutto ai trenta gloriosi anni, dal ’45 al ’75, in cui non solo
l’investimento pubblico accanto a quello privato, ma la domanda e i consumi di
massa erano in piena esaltazione.
La nuova teoria monetaria spera di riesumare il “capitalismo dal volto umano” che
effettivamente ha fatto capolino in buona parte dell’occidente, fra luci ed ombre nel
trentennio ricordato, stimolando una certa emancipazione sociale (l’affermarsi dei
ceti medi figli del welfare) e un diffuso intervento pubblico nell’economia,
provocando la nascita del consumismo ed infine, ma non in ultimo per la sua
importanza, suscitando in modo drammatico la questione ecologica.
Sul versante squisitamente monetario, è chiaro che se è vera ed è applicabile la
MMT la banca centrale/ istituto di emissione non può permettersi “remare contro”il
governo in nome di interessi privati, o addirittura essere diminuita nelle sue
competenze perché trasferite altrove, come nel caso della Banca d’Italia in rapporto
alla BCE, e certe limitazioni di natura politica, come i limiti posti all’acquisto dei
titoli del debito pubblico, o l’impossibilità di acquistarli direttamente, non ci
dovrebbero più essere.

E’ altrettanto chiaro che la MMT, se recepita dai governi ed effettivamente
applicata, qui in Italia imporrebbe, per diventare operativa e produrre effetti
espansivi, l’abbandono immediato dell’euro e l’appropriazione della sovranità
politica e monetaria, il che, allo stato attuale delle cose, è impossibile anche soltanto
immaginarlo.

Infine, il famigerato pareggio di bilancio è visto negativamente dai sostenitori della
moderna teoria monetaria, che attribuiscono al deficit una funzione propulsiva
delle produzioni, dei consumi e dell’occupazione soprattutto in periodi di crisi, ed
il surplus costituirebbe un dato ancor più negativo del pareggio, poiché
significherebbe soltanto un aumento della pressione fiscale e minori risorse a
disposizione di famiglie ed imprese.
Seguendo questa via, si sconfessano le politiche comunitarie europee, imposte agli
stati ed incentrate sulla riduzione di anno in anno dei deficit e del debito pubblico
anche in periodi di crisi, perché non porteranno alcun beneficio in termini di
produzione, consumo ed occupazione.

Alla fine di febbraio sono sbarcati in Italia, in quel di Rimini, cinque economisti
“ribelli” sostenitori della teoria della moneta moderna, per un primo seminario in
uno dei paesi che più soffrono a causa delle politiche neoliberiste e nuovocapitalistiche.
A questo seminario l’eclettico (e perchè no? Coraggioso) Paolo Barnard ha
attribuito una funzione, da quel che si comprende leggendo i suoi articoli, post e
scritti, propriamente rivoluzionaria, perché si tratterebbe di generare una nuova
coscienza politica e sociale, di suscitare un nuovo antagonismo insegnando
l’economia al popolo, dato che sarebbe proprio l’economia (in tal caso, la
macroeconomia) l’unico grimaldello utile per scardinare i meccanismi riproduttivi
del sistema vigente.
Sicuramente figure come quelle dei cinque di Rimini (Hudson, Kelton, Parguez,
Black, Auerback) possono essere un po’ fastidiose per il potere imperante, tenuto
conto che si tratta di professori di economia che dovrebbero far parte dell’apparato,
sostenendo il sistema e non certo “remandogli contro”, ma chi scrive non crede
nella possibilità di una clamorosa affermazione della MMT, e cioè nel ritorno al
passato resuscitando lo spirito di Keynes, e soprattutto non crede nella possibilità
di una sorta di rivoluzione incruenta, dai lineamenti marcatamente riformisti in
senso capitalistico, incentrata esclusivamente sugli aspetti economici, che può
compiersi attraverso l’adozione da parte dei governi occidentali, legati mani e piedi
al sistema vigente e immersi nei suoi giochi di potere, di politiche economiche
d’alternativa capitalistica.

Quanto precede, più in dettaglio per i seguenti motivi:
1) Per applicare la MMT dovrebbe esistere una politica indipendente dagli interessi
della classe dominante globale, mentre invece il livello politico è interamente
sottomesso a tali interessi e non ha né la volontà né il coraggio necessari per
adottare politiche alternative, postkeynesiane o di altra origine capitalistica, tali da
scardinare l’ordine neocostituito mettendo così in discussione il suo stesso ruolo
subdominante e i suoi privilegi. L’alternativa potrà materializzarsi solo con il
rovesciamento dell’attuale livello politico ed il superamento del sistema di governo
liberaldemocratico che lo ha generato.
2) Restringere la visione alternativa ai soli aspetti economici, pur importanti, è
riduttivo e ci fa cadere nella trappola dell’economicismo, cioè in una visione
parziale del sistema e dei suoi meccanismi di funzionamento, degli stessi elementi
strutturali che lo reggono, che non consente di cogliere gli altri punti di forza sui
quali può contare per riprodursi. Ad esempio, si rischia di non vedere la grande
operazione antropologico‐culturale in corso per la creazione dell’uomo precario, un
essere umano diminuito, inoffensivo per il potere e adatto a vivere nei contesti
neocapitalistici, che è fondamentale per imporre le controriforme in corso alle
popolazioni dei paesi cosiddetti sviluppati, senza che queste si rivoltino in massa.
L’economia, in sintesi, non è la sola fonte del potere della Global class.
3) Le minoranze “eretiche”, in particolare quando si formano all’interno del sistema
e dei suoi apparati ideologici (come nel caso dei cinque economisti che erano con
Barnard a Rimini), possono essere isolate, screditate o silenziate con estrema facilità
(ed infatti, come ammette lo stesso Paolo Barnard, che potrà essere un predicatore
pazzo, ma è sicuramente un coraggioso che non difetta di capacità di analisi, gli
stessi giornali locali si sono ben guardati dal parlare della cosa), o neutralizzate in
modo ancor più subdolo, ma efficace, offrendo loro onori accademici, fama, potere,
o ancora, più prosaicamente, robusti cachet, soldi a profusione, lucrose
“consulenze”.
4) Queste politiche economiche potrebbero non essere più concretamente
applicabili con esiti positivi e salvifici, e sicuramente non lo sono se le adotta un
solo stato, o un piccolo gruppo di stati, perché i nuovi dominanti globali hanno
avuto estrema attenzione nel “fare la frittata per impedire di tornare alle uova”, ed
è evidente che grazie alla globalizzazione economica, alla delocalizzazione
industriale e alla libertà di movimento concessa ai capitali, le economie dei vecchi
stati sono diventate forzatamente interdipendenti, nonché soggette a trattati
internazionali capestro (quello costitutivo del WTO, Maastricht per l’Unione
Europea, eccetera) e ad organismi internazionali che le controllano e le
“imbrigliano” a piacimento. Un’adozione in chiave autarchica della MMT, con
ritorno al passato, ai trenta gloriosi, a Keynes, implicherebbe l’isolamento del paese,
e dall’esterno i globalisti dominanti cercherebbero, con potenti mezzi (non esistono
solo la speculazione finanziaria, l’embargo, i ricatti energetici, ma è attiva anche la
NATO) di impedire che la cosa abbia successo. Inoltre, si dovrà comunque fare i
conti con i cosiddetti emergenti, e soprattutto con la Cina, che è una mostruosa
creatura della globalizzazione nella sua prima fase neoliberista. Concorrenza sleale,
lavoro schiavo, bassi costi, indifferenza alla questione ambientale, sistema
produttivo orientato all’esportazione di prodotti scadenti, ferreo controllo delle
risorse e della società, sono altrettanti punti di forza di questa creatura mostruosa,
che deve la sua ascesa alla globalizzazione economica, alla libertà di circolazione
dei capitali, alle delocalizzazioni di lavoro e know‐how, e che quindi non accetterà,
in occidente, cambiamenti tali da compromettere il suo Sviluppo, ma difenderà con
le unghie e con i denti l’attuale stato di cose.

Moneta e deficit sono due armi saldamente nelle mani della Global class che le
utilizza per estrarre risorse e consolidare il suo dominio, ed è perciò improbabile
che chi detiene il potere, manovrando queste leve, sia disposto a rinunciarvi e a
permettere ai governi suoi tributari l’adozione di politiche keynesiane,
neokeynesiane o postkeynesiane che sia.
Il ritorno “armi e bagagli” al passato e alle teorie keynesiane, perché è
sostanzialmente questo che propongono gli economisti sostenitori della Modern
Money Theory, se mai avverrà non potrà seguire una via pacifica e consensuale,
poiché si tratta pur sempre di una riforma che intende riproporre certe dinamiche
del precedente modo storico di produzione, il capitalismo del secondo millennio, e
questo i cosiddetti Mercati & Investitori non potranno mai accettarlo.
Si può evocare, in chiusura, lo spirito del baronetto inglese John Maynard Keynes,
il quale sovrasta come un’ombra la MMT, e fare un’ultima considerazione, di
ordine generale, che evidenzia la relativa pericolosità di questa teoria “eretica” per
le dinamiche neocapitalistiche e la riproducibilità sistemica allargata.
A tale scopo, si riporta di seguito un passo del saggio dello scrivente L’insostenibile
leggerezza del capitalismo, tratto dal capitolo dedicato a John Maynard Keynes e la

Riforma Capitalistica:
La disciplina economica non sarà mai in grado di fissare leggi universali, valide in ogni
tempo e in ogni luogo, e a differenza di ciò che accade in matematica, in economia
invertendo l’ordine dei fattori il risultato della somma è destinato a cambiare.
Infatti, se pensiamo al significato economico, sociale e politico della Teoria generale
dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, non è casuale che l’autore, a partire dallo
stesso titolo dell’opera, abbia messo al primo posto l’occupazione, seguita dall’interesse di
natura finanziaria e dall’aspetto monetario, poiché se si inverte l’ordine dei fattori, mettendo
ai primi posti interesse e moneta e all’ultimo posto l’occupazione, il risultato della somma
cambia completamente e si realizza lo spostamento dal capitalismo moderatamente
emancipativo della seconda metà del Novecento – caratterizzato dal patto fra Stato e
Mercato, dalla spesa pubblica in espansione, dal welfare, dalla tensione verso il pieno
impiego e da una minor ingiustizia distributiva – al capitalismo anarco‐liberista che
subordina lo Stato al Mercato, appropriando risorse pubbliche, amplificando le differenze
sociali e calpestando i diritti dei lavoratori.
Gli economisti che diffondono la moderna teoria monetaria intendono rimettere
nell’ordine originario, così com’era nella Teoria generale dell’occupazione,
dell’interesse e della moneta, i tre fattori, ma ciò non potrà che comportare, oltre
che un improbabile ritorno ad un passato capitalistico ormai sepolto,
un’interruzione delle dinamiche neocapitalistiche e la compromissione della
riproducibilità sistemica, cosa che l’attuale classe dominante, la Global class
spadroneggiante in un mondo globalizzato e assoggettato, non permetterà mai.

Ciò che ci attende in futuro non sarà, dunque, il ritorno pacifico e consensuale a
politiche economiche più umane, orientate verso una crescita capitalistica
socialmente più “equilibrata, e ad un’economia non più dominata dalla dimensione
finanziaria, ma riportata sotto il controllo della politica e degli stati.
In futuro ci attende una Guerra Sociale di Liberazione più dura ed estesa della lotta
classe otto‐novecentesca, che avrà come possibile alternativa la Guerra tout court.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

nessuno dei video sull'MMT summit, fino a ieri diaponibile su you tube, è visionabile. Tutto oscurato

mausab ha detto...

Ho controllato i link a youtube di questo post e i video si vedono tutti a parte quello di Marshall Auerback che ho sostituito con un video parziale e con l'audio dell'intero intervento. Grazie della segnalazione