IL MONDO E' COME UNO SPECCHIO

Osserva il modo in cui reagisci di fronte agli altri. Se scopri in qualcuno una qualità che ti attrae, cerca di svilupparla in te stesso. Se invece osservi una caratteristica che non ti piace, non criticarla, ma sforzati piuttosto di cancellarla dalla tua personalità. Ricorda che il mondo, come uno specchio, si limita a restituirti il riflesso di ciò che sei.

martedì 14 ottobre 2014

La coperta troppo corta imposta dai trattati UE

Il solito chiaro ed efficace articolo di Marco Della Luna a proposito delle ultime sparate di Renzi su tagli per ulteriori 18 miliardi e pari riduzioni fiscali (sgravi alle aziende su IRAP e altro).

"Spostare i soldi non fa ripartire l’economia. E’ come tirare una coperta corta. Bisogna allungare la coperta, per farla ripartire. L’esperienza giapponese (e di altri paesi) descritta e analizzata matematicamente da Richard Werner nei suoi saggi The Princes of the Yen e New Paradigms in Macroeconomics, dimostra che sono senza effetto, ai fini della rilancio dell’economia, tutte le manovre di spostamento di liquidità (dal settore pubblico a quello privato o viceversa, dai consumi agli investimenti o viceversa, dalle imposte dirette a quelle indirette o viceversa). L’unica manovra che abbia effetto di rilancio è l’aumento della liquidità nell’economia reale.
Ma al contrario noi abbiamo oramai, in Italia, una continua sottrazione della liquidità, per effetto di 1)trasferimenti netti a UE (diamo all’UE più di quanto di ritorna); 2)trasferimenti al Meccanismo Europeo di Stabilità (57 miliardi); 3)fuga di capitali (solo quest’anno, 67 miliardi); 4)contrazione del credito concesso. Quindi la coperta continua ad accorciarsi, riducendo non solo la domanda e gli investimenti, ma la stessa solvibilità dei debiti già contratti, quindi facendo dilagare insolvenze e fallimenti e diffondendo un clima di cupa sfiducia nel futuro. Va precisato che questo dissanguamento monetario sistematico non è accidentale – altrimenti sarebbe inspiegabile – bensì viene portato avanti dalle istituzioni nazionali ed europee al fine di costringere l’Italia a svendere i suoi assets e mercati sottocosto a capitali finanziari stranieri, nonché a cedere loro il potere politico sul Paese. Si noti che gli oltre 2000 miliardi creati dalla Banca centrale europea e immessi nel sistema bancario dell’eurozona, non hanno prodotto alcun rilancio dell’economia reale, la quale sta rallentando persino in Germania e Finlandia; e questo perché sono andati in impieghi improduttivi, speculativi, e non nell’economia reale. Se Draghi e soci avessero voluto rilanciare l’economia, fare il bene della gente, avrebbero immesso quei soldi nel settore produttivo.
Inoltre la condizione affinché le famiglie spendano di più anziché mettere da parte, e le imprese investano di più anziché tesaurizzare, è che il quadro complessivo del sistema-paese sia positivo e le aspettative siano pure positive, che ci sia fiducia. La famiglia non spende ma risparmia, se teme il futuro; e, se spende, compra prodotti di importazione, meno costosi – quindi quella spesa non aiuta il reddito nazionale ma peggiora la bilancia dei pagamenti. L’imprenditore, a sua volta, non investe e non assume, se non prevede una domanda che assorba i suoi prodotti. Il rimedio, allora, sarebbe quindi quello keynesiano: non tagliare la spesa pubblica, ma dirigerla per quanto possibile, anche aumentandola a deficit, in investimenti pubblici utili e ben progettati, infrastrutturali, che, traducendosi direttamente in appalti, inducano assunzione di forza lavoro quindi domanda solvibile, e insieme migliorino l’efficienza e la produttività, quindi la competitività, del sistema paese. Ma, nell’Europa del rigore, della crescita e della solidarietà, questo tema è tabù. "

Volete una semplice ricetta per un lieto (quanto, purtroppo, utopico) fine di questo articolo? Molto semplice: la BCE emette nuovo denaro e, invece di regalarlo alle banche, lo usa per pagare gli interessi sul debito pubblico dei paesi aderenti, rinunciando a richiedere loro il rimborso, ma con vincolo a destinare le somme così risparmiate per 1/3 a riduzione della pressione fiscale generale e per 2/3 a investimenti infrastrutturali nel senso sopra indicato.

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RENZI: NASO LUNGO, COPERTA CORTA 

La balla degli sgravi fiscali   


Ieri, 13.10.14, a Bergamo, davanti a un pubblico di Confindustria, Renzi annuncia tagli per 18 miliardi e pari riduzione della pressione fiscale per rilanciare l’economia, vantandosene. Questo annuncio è incompatibile con l’ultimo DEF e con la Nota di Aggiornamento, in cui il governo formalmente si vincola, anche nei confronti dell’UE, ad aumentare la pressione fiscale fino al 2017, pure se continuerà la recessione; inoltre vi sono clausole di salvaguardia che faranno scattare aumenti dell’IVA, se necessario a garantire i saldi obbligati di bilancio. Insomma, il governo non può ridurre la pressione fiscale, anzi necessariamente la aumenterà.
Quindi Renzi ieri, a meno che intenda rompere con l’Eurozona, ha mentito pubblicamente. Ingannandoli, ha raccolto il plauso prima degli sprovveduti industriali presenti in sala, e poi dei mass media che stanno al  gioco suo e di chi l’ha messo lì e lo dirige. Quand’anche Renzi non avesse gli impegni di bilancio suddetti, non credo che gli sarebbe possibile trovare 18 miliardi senza tagliare trasferimenti alle pubbliche amministrazioni, senza tagliare i servizi ai cittadini o rincararli, senza aumentare altrove la pressione fiscale (penso alle incombenti revisioni catastali e alla solita introduzione di presunzioni di redditi inesistenti), cioè senza rivalersi diversamente sulla gente, come del resto ha fatto per la mancia degli € 80.  Non è possibile, perché gli apparati dei partiti e la burocrazia vivono mangiando spesa pubblica attraverso sprechi creste, quindi se Renzi cercasse di tagliare spesa pubblica inutile e parassitaria, essi lo silurerebbero.
Ma anche se riuscisse a ridurre le tasse senza colpire in altro modo e cittadini, la cosa non avrebbe l’effetto di rilanciare l’economia nazionale, e ciò per due diverse ragioni, che adesso espongo.
Prima ragione: spostare i soldi non fa ripartire l’economia. E’ come tirare una coperta corta. Bisogna allungare la coperta, per farla ripartire. L’esperienza giapponese (e di altri paesi) descritta e analizzata matematicamente da Richard Werner nei suoi saggi The Princes of the Yen e New Paradigms in Macroeconomics, dimostra che sono senza effetto, ai fini della rilancio dell’economia, tutte le manovre di spostamento di liquidità (dal settore pubblico a quello privato o viceversa, dai consumi agli investimenti o viceversa, dalle imposte dirette a quelle indirette o viceversa). L’unica manovra che abbia effetto di rilancio è l’aumento della liquidità nell’economia reale. Ma al contrario noi abbiamo oramai, in Italia, una continua sottrazione della liquidità, per effetto di 1)trasferimenti netti a UE (diamo all’UE più di quanto di ritorna); 2)trasferimenti al Meccanismo Europeo di Stabilità (57 miliardi);   3)fuga di capitali (solo quest’anno, 67 miliardi); 4)contrazione del credito concesso. Quindi la coperta continua ad accorciarsi, riducendo non solo la domanda e gli investimenti, ma la stessa solvibilità dei debiti già contratti, quindi facendo dilagare insolvenze e fallimenti e diffondendo un clima di cupa sfiducia nel futuro. Va precisato che questo dissanguamento monetario sistematico non è accidentale – altrimenti sarebbe inspiegabile – bensì viene portato avanti dalle istituzioni nazionali ed europee al fine di costringere l’Italia a svendere i suoi assets e mercati sottocosto a capitali finanziari stranieri, nonché a cedere loro il potere politico sul Paese. Si noti che gli oltre 2000 miliardi creati dalla Banca centrale europea e immessi nel sistema bancario dell’eurozona, non hanno prodotto alcun rilancio dell’economia reale, la quale sta rallentando persino in Germania e Finlandia; e questo perché sono andati in impieghi improduttivi, speculativi, e non nell’economia reale. Se Draghi e soci avessero voluto rilanciare l’economia, fare il bene della gente, avrebbero immesso quei soldi nel settore produttivo.
Seconda ragione: Renzi potrebbe ancora dire che i suoi famosi 18 miliardi li sposterà, mediante una dura spending review, da impieghi pubblici aventi basso effetto moltiplicatore sul reddito nazionale – che so, 1,1 – a impieghi privati di famiglie e imprenditori aventi più alto moltiplicatore sul reddito nazionale – che so, 1,3, così che produrranno un aumento del reddito di  5,4 miliardi anziché di 1,8. Ma anche questo non può avvenire, perché condizione affinché le famiglie spendano di più anziché mettere da parte, e le imprese investano di più anziché tesaurizzare, è che il quadro complessivo del sistema-paese sia positivo e le aspettative siano pure positive, che ci sia fiducia. La famiglia non spende ma risparmia, se teme il futuro; e, se spende, compra prodotti di importazione, meno costosi – quindi quella spesa non aiuta il reddito nazionale ma peggiora la bilancia dei pagamenti. L’imprenditore, a sua volta, non investe e non assume, se non prevede una domanda che assorba i suoi prodotti. Il rimedio, allora, sarebbe quindi quello keynesiano: non tagliare la spesa pubblica, ma dirigerla per quanto possibile, anche aumentandola a deficit, in investimenti pubblici utili e ben progettati, infrastrutturali, che, traducendosi direttamente in appalti, inducano assunzione di forza lavoro quindi domanda solvibile, e insieme migliorino l’efficienza e la produttività, quindi la competitività, del sistema paese. Ma, nell’Europa del rigore, della crescita e della solidarietà, questo tema è tabù. Intanto, i capitali, le imprese migliori, i tecnici e i ricercatori, i giovani, stanno emigrando in massa, e l’Italia diviene una bara previdenziale-assistenziale, cioè un deposito, forse uno smaltitoio, di pensionati, di disoccupati, di sussidiati, di lavoratori a nero, di immigrati mantenuti. Questo processo oramai è consolidato e si alimenta da sé.
Volete una ricetta per un lieto fine di questo articolo? Molto semplice: la BCE emette nuovo denaro e, invece di regalarlo alle banche, lo usa per pagare gli interessi sul debito pubblico dei paesi aderenti, rinunciando a richiedere loro il rimborso, ma con vincolo a destinare le somme così risparmiate per 1/3 a riduzione della pressione fiscale generale e per 2/3 a investimenti infrastrutturali nel senso sopra indicato. 14.10.14 Marco Della Luna

1 commento:

Anonimo ha detto...

parlando da persona normale senza avere esperienza di economia, persona che vive nel quotidiano come molti del resto, mi viene da pensare, il sitema capitalisico ci ha portato a pensare soltanto al nostro benessere materiale, dimenticandoci del nostro benessere spirituale, la nostra essenza, ci siamo riempiti di oggetti a tonnellate ma dentro siamo vuoti, tristi, depressi, il risultato? Produrre di piu` per avere potere e soldi, ma sempre vuoti dentro siamo. Questo sistema era morto appena nato. Personalmente penso che l`unica manovra possibile sia fare un passo indietro, avere piu` tempo per riempire le nostre anime e, non trascurare il fatto che i fagioli, il grano, il riso ecc ecc ecc crescono dalla terra, non dal cemento e nemmeno a montecitorio. Lavorare meno, produrre quello che serve condividere di piu`.
Enso che sia l`unica manovra possibile per la nostra sopravvivenza, il resto....una coperta corta che corta rimane e copre soltanto alcuni il resto stanno al freddo. Fabio. A