IL MONDO E' COME UNO SPECCHIO

Osserva il modo in cui reagisci di fronte agli altri. Se scopri in qualcuno una qualità che ti attrae, cerca di svilupparla in te stesso. Se invece osservi una caratteristica che non ti piace, non criticarla, ma sforzati piuttosto di cancellarla dalla tua personalità. Ricorda che il mondo, come uno specchio, si limita a restituirti il riflesso di ciò che sei.

mercoledì 11 novembre 2009

Ennesima ingiustizia per la Giustizia?

Scopriamo ogni giorno di più come il vero problema del paese non sia la crisi, non sia la produzione industriale calata del 16 % rispetto all'anno scorso (peggior calo da quando esistono statistiche in merito), non siano i lavoratori che perdono il posto o sempre più massacrati dalla cassa integrazione, non siano le riforme fiscale (per far pagare le tasse a chi non le paga, ovvero chiunque possa fare del nero e si rifà su chi non lo può fare) o istituzionale (riduzione del numero di parlamentari: gli USA hanno 635 parlamentari e una popolazione di 304 milioni di abitanti, noi 945 più i senatori a vita con 60 milioni di abitanti, un rapporto di 7 volte e mezza più alto!), il problema più impellente è la riforma della giustizia!
Non che anche questo settore non sia da riformare, però... Non ci pare proprio al top delle esigenze degli italiani.
Dopo che il Lodo Alfano è stato rigettato il nostro Primo Ministro non pensa ad altro che ai processi che lo riguardano (Mills per corruzione e Mediaset per frode dui diritti televisivi).
Certo, anche ognuno di noi sarebbe preoccupato al suo posto, la differenza sta solo nel fatto che non potremmo ovviarvi pensando a fare una legge ad hoc per evitare il giudizio.
Invece lui può. E lo fa.
Ma il modo è talmente discutibile che non può non parlarne prima con il suo alleato principale, quel Gianfranco Fini che pure dovrebbe appoggiarlo, ma che non può non fare a meno di inorridire (!!!) talmente la cosa è marchiana.
Perché la ventilata "riforma della giustizia" tanto proclamata come necessaria il giorno dopo la bocciatura del Lodo Alfano, si trasforma d'incanto in due leggine semplici semplici, che il nostro caro Premier vorrebbe fare approvare in tutta fretta con l'avvallo di Gianfranco... Purtroppo l'avvallo non arriva. La prima delle due leggi (bellamente inventate dall'ormai celebre consulente legale del Premier, quel Ghedini di grande simpatia e comunicativa) ridurrebbe la durata del tempo che può trascorrere prima che un reato vada in prescrizione.
Stante il fatto che in Italia l'unica "certezza" non è quella "della pena", ma la certezza della durata esagerata dei processi (perché fare riforme che accelerino veramente l'efficienza dei tribunali se poi serve la prescrizione?), accadrebbe che insieme a quelli del Premier altri 600.000 processi finirebbero con la prescrizione. E' un problema? Per Berlusconi no di certo. Ma per Fini sì... fortunatamente... e questa, forse (se non la infileranno in qualche emendamento) ce la evitiamo.
Si mettono però d'accordo sulla seconda leggina, il cosiddetto "processo breve" ovvero: i processi durano troppo? E allora noi per legge li facciamo durare al massimo 6 anni, 2 per ogni grado di giudizio. Solo che non lo facciamo solo per i processi di qui a venire ma per tutti, anche retroattivamente. Sennò come fa il Premier a salvarsi?
Se ne andranno liberi anche fior di malfattori? Sì... però fa lo stesso! "Anche se la sicurezza è una priorità del Governo possiamo ben derogare per salvare il nostro beneamato!" dicono idealmente in coro gli yesmen del PDL...
"Però", avrà pensato Fini, "facciamo almeno qualcosa per salvare la faccia: diamo a vedere che vorremmo anche aumentare effettivamente la possibilità che un processo duri meno, per cui diciamo anche che daremo più risorse ai tribunali, più dipendenti e che miglioreremo l'informatizzazione".
Ed è più o meno quanto ha dichiarato dopo il colloquio con Berlusconi.
Sarà così veramente?
Ci si domanda: e Tremonti è d'accordo? Non si sa... per cui -coi venti che tirano tra lui e il premier- è di certo "no". Ergo al 99% non sarà così.
In ogni caso, mentre per le risorse maggiori per la giustizia nulla è dato sapere e chissà quanto tempo ci vorrà (e poi, se mai anche arrivassero, quanto passerà prima che ottengano risultati?), scopriamo stamane che il disegno di legge (ddl) è già pronto e andrà in aula domani. Record dei record!
Quindi il processo Mediaset per frode fiscale sui diritti televisivi con la nuova norma decadrà a fine novembre e il processo Mills per corruzione in atti giudiziari decadrà nel marzo 2010.
Ad una domanda il nostro Silvio nazionale non risponde mai: se è innocente (come invero un po' flebilmente dice, alzando invece molto più la voce contro i giudici) perché si danna l'anima per evitare i processi in ogni modo? Uno che è innocente, e che ha i mezzi economici e il consenso/potere più cospicui d'Italia, non vorrebbe affrontare i processi ed essere scagionato?
E' proprio vero che tutti i giudici che hanno a che fare con lui o col suo partito sono "rossi" (compresi quelli che hanno richiesto l'autorizzazione a procedere contro Cosentino per mafia)? O forse c'è anche qualche indizio reale?
E' proprio vero che i giudici gli vogliono così male che se anche fosse innocente lo condannerebbero?
Potrebbero farlo senza prove e senza testimonianze?
Forse un giorno lo sapremo. Per ora no, purtroppo.

Per la firma della petizione per il ritiro della legge clicca QUI.
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Il parere di Carlo Federico Grosso avvocato penalista italiano, professore ordinario di diritto penale nell'Università di Torino. Da La Stampa del 11-11-09

(...) Precisando che una valutazione definitiva su ciò che ci attende potrà essere formulata soltanto quando saranno chiari gli accordi di maggioranza ed esplicitati i testi dei disegni di legge, cerchiamo comunque di capire che cosa significhi, allo stato, prevedere, nel modo indicato, la prescrizione dei processi, compresi quelli in corso fino al giudizio di primo grado.
In astratto stabilire che i processi devono concludersi entro sei anni, con scadenze prefissate per ciascuna fase, sarebbe soluzione splendida. Se si riuscisse nell’intento, il male più rilevante della giustizia si dissolverebbe e, quantomeno con riferimento al tema della durata dei processi, essa diventerebbe giustizia accettabile. Perché una riforma dei tempi possa essere credibile, occorrerebbero tuttavia, quantomeno, due condizioni: che essa riguardi soltanto processi futuri, iniziati cioè da magistrati consapevoli fin dall’inizio della durata consentita; che l’imposizione di tempi stretti sia accompagnata da una riforma adeguata nell’organizzazione e nei mezzi, in grado di rendere possibile, nei fatti, il rispetto delle nuove durate. Altrimenti, se ci si limitasse a stabilire nuove regole, ed a disporre l’estinzione dei processi (compresi quelli in corso) in caso di loro inosservanza, sarebbe lo sfracello: centinaia e centinaia di processi estinti.
E’ vero che Fini, consapevole dei problemi, ha dichiarato di avere chiesto al presidente del Consiglio che alla giustizia siano destinate risorse adeguate alle nuove esigenze. Chiedere non è tuttavia, ovviamente, sufficiente; Tremonti permettendo, sarà necessario quantomeno stanziare. Ma anche stanziare potrà non bastare: occorrerà infatti che gli stanziamenti si concretino in strumenti concreti di efficienza, e che alle nuove risorse si accompagnino comunque altre riforme - di organizzazione e di legislazione - idonee a rendere di fatto praticabili i nuovi tempi stabiliti per la durata dei processi penali.
C’è, inoltre, un altro profilo sul quale è necessario riflettere. Verosimilmente, imboccata la strada della prescrizione dei processi troppo lunghi, la maggioranza avrà molta fretta di approvare la legge. L’urgenza di fare riforme in grado di velocizzare i processi è fuori discussione; è tuttavia altrettanto fuori discussione che realizzare una riforma seria dell’organizzazione giudiziaria richiede tempi tecnici non brevi. Che cosa accadrebbe se vi fosse una sfasatura fra i tempi di approvazione della legge che impone rapidità ai processi penali e di quelle che consentono un’organizzazione della gestione giudiziaria idonea a fronteggiare le nuove prescrizioni in materia di durata consentita?
Ancora. Secondo quanto è emerso, dovrebbero essere coinvolti nei processi a rischio di prescrizione quelli che riguardano reati puniti con la reclusione non superiore nel massimo a dieci anni (compresa, guarda caso, la corruzione), fatti salvi quelli che concernono mafia, terrorismo o, comunque, fatti di particolare allarme sociale. Tutti indifferenziatamente, senza badare alla maggiore o alla minore gravità dei reati, od alla maggiore o minore complessità dell’attività processuale necessaria?
I tempi stretti riguarderebbero d’altronde soltanto gli imputati incensurati. E perché mai? Se la prescrizione processuale non costituisce un premio per gli imputati, ma la risposta ad un’esigenza generale di rapidità processuale, censurati o incensurati la regola dovrebbe essere la stessa.
Si potrebbe continuare. Agli effetti di una prima reazione alle novità che si profilano all’orizzonte della giustizia italiana, quanto ho rilevato mi sembra sufficiente. (...)

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