IL MONDO E' COME UNO SPECCHIO

Osserva il modo in cui reagisci di fronte agli altri. Se scopri in qualcuno una qualità che ti attrae, cerca di svilupparla in te stesso. Se invece osservi una caratteristica che non ti piace, non criticarla, ma sforzati piuttosto di cancellarla dalla tua personalità. Ricorda che il mondo, come uno specchio, si limita a restituirti il riflesso di ciò che sei.

venerdì 25 giugno 2010

Tanto brutti da non sembrare veri

Da anni non guardo più il calcio, nauseato dalle esagerazioni nostrane che lo hanno snaturato dal rango di sport a quello di in concentrato del peggio umano, fuori e dentro il campo di gioco.
Ho sempre fatto un eccezione per i mondiali dove per certi versi si possono ritrovare caratteristiche che il business cancella durante i campionati, tra cui anche il giocare per la gloria e non per i soldi...
L'Italia ieri sera, perdendo 3 a 2 dalla modesta Slovacchia, uscendo come ultima del girone eliminatorio, ha toccato il punto più basso delle sua storia calcistica.
Chissà cosa è successo. Sono tante le risposte che si leggono e si sentono.
E' lo specchio dell'Italia di oggi?
E' il frutto delle presunzioni e delle arroganze del suo allenatore?
E' la sintesi delle capacità calcistiche dei giocatori italiani?
Credo che sia un po' tutto e un po' niente di tutto questo.
Se i giocatori in campo, seppur modesti, avessero fatto appena appena quello che sono capaci di fare, non sarebbe mai stato il disastro che si è visto. Una vergogna che neanche le squadre oratoriali possono accettare.
E' subentrato qualcosa di più profondo e psicologico: la paura. Il terrore direi, per dare un risultato così tremendo.
Perché? Quali le ragioni?
La verità è che il calcio, in Italia, non è più uno sport, non è più un gioco. E' un business in cui solo la vittoria conta, ottenuta a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo.
Lo sport così snaturato, se viene messo in atto da giocatori che non sono all'altezza, e soprattutto non si sentono all'altezza, che disperano di ottenere la agognata vittoria, che vanno in panico da pressione, non è più quello che deve essere.
Si perde la sua essenza, si perde la sua bellezza.
Se le cose fossero normali, dei giocatori decorosi di calcio (e i nostri lo sono senz'altro, modesti finché si vuole, ma in grado di giocare a calcio in un campionato pesante e lungo come quello italiano), si esalterebbero addirittura nell'agone della competizione, dando addirittura di più di quanto potrebbero, andando oltre i loro limiti. Questo non succede perché "non giocano", non mettono in atto le caratteristiche vere dello sport, ma solo i ragionamenti limitanti e limitati del business calcistico italiota.
Nello sport come nella vita, l'atteggiamento sportivo genuino è quello di voler giocar bene, più che di voler vincere. Sono due cose di­verse; il vincere può dipendere dall'inferiorità dell'avversario; da condizioni favorevoli di varia natura; da fattori casuali. Lo stesso vale per il perdere.
Il vero sportivo non tiene a vin­cere a scapito dello stile del gioco, della capacità, della correttezza, della lealtà.
E, come nella vita, il non preoccuparsi di vincere, il gusto di voler giocare bene per sè stessi e non per secondi fini successivi, favorisce la vittoria.
E' questo il mancato insegnamento che i nostri calciatori passeranno ai tanti giovani che li hanno guardati e che credevano in loro. E' questo il danno maggiore.
Per il resto, infine, è solo un gioco, e come tale dovrebbe essere vissuto. E le sconfitte insegnano di più che le vittorie.
Per quanto mi riguarda poi, essendo un'appassionato di pallavolo, mi concentrerò sui prossimi mondiali di settembre in Italia, sicuro che la nazionale italiana di pallavolo, meno pagata e vezzeggiata, fatta di gente che sa cosa significa allenarsi duramente, figlia di uno sport che conserva ancora i connotati dello sport vero di cui parlavo sopra, oggi come in passato saprà dare ben altro spettacolo.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Se davvero il calcio in Italia fosse davvero solo un gioco saremmo campioni del mondo ogni 4 anni ma l'arroganza della vittoria a tutti i costi e l'obbligo di pianificare ogni partita come una strategia della vittoria obbligata ci porta ai risultati che abbiamo visto ieri. Non più inventiva, estro, abilità ma pressione, uniformità e schematizzazione mortale del gioco. Sono tante le ragioni di un cosidetto "fallimento calcistico" ma non dimentichiamoci che un torneo si gioca a più squadre e qualcuna ogni tanto devo pur perdere. Stavolta è toccata all'Italia ma non ne facciamo un dramma. La vittoria o la sconfitta si consuma in 90 minuti mentre l'attesa e la speranza di diventare nuovamente campioni del mondo dura 4 anni e sappiamo come ogni ogni conquista umana che si rispetti è figlia di tali attese e speranze. Godiamoci perciò questa dolce attesa come se fosse un appuntamento con una bella ragazza. E sì, talvolta si riesce ad essere più felici nel lasso di tempo che ci separa da un appuntamento galante che durante l'incontro stesso.
Perciò, se posso consolare qualcuno, direi che presto (non so quando) vinceremo la Coppa del Mondo

mausab ha detto...

Mi compiaccio per la tua visione positiva Daniele. Per quanto mi riguarda il prossimo mondiale avrò perso ancora una fetta di quel poco di entusiasmo che mi è è rimasto nel guardare il calcio e che, come dicevo, è ormai relegato al solo mondiale. Se poi ci mettiamo anche l'inadeguatezza degli arbitraggi e delle regole emersa ieri (e che ha penalizzato Inghilterra e Messico) il quadro è completo...