IL MONDO E' COME UNO SPECCHIO

Osserva il modo in cui reagisci di fronte agli altri. Se scopri in qualcuno una qualità che ti attrae, cerca di svilupparla in te stesso. Se invece osservi una caratteristica che non ti piace, non criticarla, ma sforzati piuttosto di cancellarla dalla tua personalità. Ricorda che il mondo, come uno specchio, si limita a restituirti il riflesso di ciò che sei.

mercoledì 29 maggio 2019

ANALISI DEL VOTO IN CHIAVE EUROPEA

L’Italia è diventata la nazione più euroscettica dell’Unione Europea, non considerando gli inglesi, ovviamente, che sono di fatto già fuori dalla stessa Unione.
Se poi ci limitiamo ai soli sovranisti, la percentuale è del 40,5%, inferiore solamente al risultato ottenuto da Orban in Ungheria.
Ma di questo nessuno parla.
La trasformazione degli italiani  da eurofili ad euroscettici è ancora più evidente se consideriamo le elezioni del 2014 e le percentuali che conseguirono i partiti sostenitori di questa U.E.: P.D. 40,81%, Forza Italia 16,81%, per una percentuale complessiva del 57,62%.
E’ questo il dato fondamentale che emerge dalla recente consultazione elettorale: dal 57,62% di italiani favorevoli all’Unione Europea nel 2014 siamo passati al 57,53% di italiani euroscettici nel 2019.
Il dissenso, dunque è cresciuto in Italia ed è pure forte.
Tutto ciò effetto della crisi, dell’austerità, dei sacrifici che sicuramente non portano mai a nulla.
Si continua a parlare di politica interna ed il PD esulta, anche se avrebbe a dolersi, avendo quasi dimezzato in un quinquennio i propri voti così come è avvenuto anche a Forza Italia .
Tuttavia, se i nostri commentatori televisivi, tutti allineati al pensiero mainstream, continuano a parlare di politica interna e non di temi europei , forse ci danno inconsapevolmente un’altra risposta: che questa Europa è irriformabile e che il Parlamento Europeo ha la stessa importanza nella gestione dell’U.E. come il due di coppe quando la briscola è a bastoni.
Passata la sbornia dei soliti inutili commenti giornalistici su chi ha vinto e chi ha perso le elezioni, nei quali la competizione politica viene sostanzialmente paragonata ad un torneo di calcio, dove alcune squadre “vincono” ed altre “perdono”, cerchiamo di rimettere i piedi per terra, per capire cosa potrà realmente cambiare per la nostra vita di tutti i giorni dopo quanto scaturito dalle ultime elezioni europee.

La prima considerazione è nel Parlamento Europeo non cambierà sostanzialmente nulla: la precedente maggioranza costituita dai socialisti e dai popolari verrà ricostituita, includendo anche i liberali dell’ALDE. Il risultato sarà un’assoluta continuità con le precedenti politiche neoliberiste, fondate sulle politiche di austerità, sui tagli alla spesa pubblica, sulle privatizzazioni, sull’output gap ed altri meccanismi finalizzati a favorire l’economia di alcuni paesi (Germania, Olanda in primis) a scapito di altri (Grecia e Italia in primis) e finalizzati a favorire le lobbies dei mercati finanziari a scapito degli operatori dell’economia reale.
Ci ritroveremo quindi un commissario Barroso/Juncker bis, che avrà la faccia del tedesco Weber o dell’olandese Timmermans e un Mario Draghi bis, in salsa tedesca, che continuerà a tutelare gli interessi dei mercati finanziari.
Aggiungiamo il fatto che, a motivo dei meccanismi decisionali dell’Unione Europea le decisoni che contano non vengono quasi mai prese dal Parlamento Europeo.
Quini tanti auguri ai candidati eletti che hanno avuto la nostra fiducia, i quali porteranno qualche voce di verità in una assemblea sostanzialmente inutile.
Le elezioni europee, quindi, servono soprattutto a dare una “copertura politica” (come diceva il segretario di stato Colin Powell ai tempi della guerra in Irak, mostrando le provette delle inesistenti armi chimiche) a decisioni per nulla democratiche prese altrove e per altre finalità.7

Questo tanto per stabilire un punto fermo per coloro che hanno come programma politico il “cambiare l’Europa dall’interno”.
L’Unione Europea non cambierà a motivo di una composizione leggermente diversa del parlamento.
Anche perché i trattati, i testi che stabiliscono le regole del gioco, sono di competenza intergovernativa, non del Parlamento Europeo.
E, almeno per il momento, non si sono realizzati in Europa cambiamenti di governo tali da fare sperare una riscrittura dei trattati europei in senso più democratico e sulla base di una visione più keynesiana dell’economia.
Vigendo il principio dell’unanimità di tutti i governi, infatti, sarebbe necessario che in tutti i governi si affermasse una diversa visione dell’economia per eliminare dai trattati gli assurdi vincoli del 3% al deficit, del 60% al debito, della moneta unica e via dicendo.
Una condizione certamente non possibile nel breve e medio termine. Nel lungo termine saremo tutti morti, come saggiamente ricordava Keynes, mentre i problemi i cittadini europei, e in particolare quelli italiani, li hanno ora.

Tratto dall'articolo “Mele con le mele e pere con le pere.” di R. SALOMONE-MEGNA  su  Scenari Economici
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Anche se dai risultati elettorali di alcuni paesi come Italia, Francia, Regno Unito, Ungheria, così come dalla alta astensione (il 44% in Italia), arrivano segnali chiari di insofferenza da parte della popolazione, la sadica indifferenza con cui la commissione Juncker ha a suo tempo ridotto alla fame la Grecia, calpestando la loro votazione referendaria, non deve farci illudere sulla “sensibilità politica” dei commissario europei che rispondono del loro operato non agli elettori, ma unicamente alle lobbies della finanza internazionale.
Nessun aiuto ci arriverà dell’Europa.

Veniamo ora alla situazione italiana, al gongolante Matteo Salvini forte del suo 34%.
La sostanza è che in questo primo anno di governo “gialloverde” i risultati economici sono stati per ora modesti (anche perchè le misure sono appena entrate in vigore). Salvini è riuscito a fare il pieno di voti grazie alla sua grande abilità comunicativa, indirizzata in particolare verso i temi dell’immigrazione e della sicurezza. Tuttavia poco ha fatto, lui con la Lega, a parte le molte parole, per il rilancio dell’economia del paese.

Con un decifit fermo ai vincoli imposti dalla Commissione Europea, al 2.04%, che corrisponde ad un attivo di bilancio primario teorico dell’1,76%, nè il reddito di cittadinanza, nè la flat tax possono invertire più di tanto il trend dell’economia italiana. 
Quello che conta per far ripartire l’economia, infatti, è aumentare la quantità di denaro in circolazione per gli investimenti da parte di famiglie e imprese, il che si ottiene sia riducendo le tasse, sia aumentando la spesa pubblica.
Ma affinché la manovra economica sia significativa e adeguata per il rilancio dell’economia italiana è necessario che l’aumento di investimenti sia almeno di 80-90 miliardi di euro, che consentirebbero la creazione di 1,2-1,5 milioni di nuovi posti di lavoro, obiettivo minimo per un governo che intenda veramente ridurre la disoccupazione e la povertà in Italia.
Aumentare gli investimenti di 80-90 miliardi significa, inevitabilmente, fare un deficit di bilancio dell’8,5%.
Peraltro questo piano di investimenti potrebbe essere finanziato anche senza andare allo scontro aperto con l’Unione Europea, ad esempio mettendo in atto la misura della moneta fiscale.
Senza il coraggio di scelte del genere, l’Italia continuerà a sprofondare, i nostri giovani continueranno ad emigrare, le nostre imprese continueranno a fallire, le multinazionali straniere continueranno a comprare, a prezzi di saldo, le nostre imprese migliori.

Ora è giunto il momento di scoprire le carte, anche perché il paese non può permettersi un ulteriore perdurare della crisi economica.
O Salvini metterà il suo accresciuto consenso popolare a servizio degli italiani, mettendo al centro della sua azione l’economia (e non questioni secondarie come quella dell’immigrazione), se il caso anche sfidando la nuova dirigenza dell’Unione Europea, oppure arriverà la resa dei conti con gli italiani, i quali hanno già dimostrato di illudersi facilmente, per poi disilludersi verso chi dimostra di non comprendere i loro reali bisogni.
Le soluzioni esistono, se chi è al governo non sa che soluzioni proporre, che contatti chi le ha.
L’ultimo treno per Lega e M5S è la prossima legge finanziaria, che sarà la prova definitiva sulla effettiva capacità dell’attuale governo.

Tratto dall'articolo "Elezioni europee: il governo italiano di fronte alle sue responsabilità" di Davide Gionco su Scenari Economici

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