IL MONDO E' COME UNO SPECCHIO

Osserva il modo in cui reagisci di fronte agli altri. Se scopri in qualcuno una qualità che ti attrae, cerca di svilupparla in te stesso. Se invece osservi una caratteristica che non ti piace, non criticarla, ma sforzati piuttosto di cancellarla dalla tua personalità. Ricorda che il mondo, come uno specchio, si limita a restituirti il riflesso di ciò che sei.

venerdì 31 maggio 2019

CRITICHE VARIE AL MOVIMENTO 5 STELLE

Una critica a Di Battista

Ho visto una sua dichiarazione in TV in cui affermava che le stoccate rivolte alla Lega nell'ultimo mese, da parte di Di Maio e i suoi, avrebbero dovuto essere fatte fin dall'inizio, ovvero che si è marcata troppo poco la differenza e solo prima delle elezioni europee.
Sono di opinione contraria. 
Purtroppo in questo Salvini è molto più efficace: mai polemico con gli alleati, sempre riconoscente a rivangare l'ottimo rapporto e a gettare acqua sul fuoco se ci sono domande provocatorie. Persino ora, dopo il voto, a ribadire che pur col suo 34% "non chiederemo mezza poltrona in più" e "se si fanno le cose previste si va avanti 4 anni" ecc.  Gli italiani amano i poco polemici e i poco rissosi al Governo, amano chi, pur forte non abusa del suo potere, amano l'atteggiamento umile. Perchè? Perchè loro non lo sono, in generale. E proprio per questo lo apprezzano.
L'atteggiamento critico di Di Maio verso l'alleato espresso nell'ultimo mese gli ha tolto ancora più voti.  Il 14% dei suoi elettori delle politiche è passato alla Lega. Qualcosa vorrà dire.
Non ci sono alternative, il M5S deve andare avanti con questo Governo, con questo alleato, finchè morte non li separi. Non si può permettere di staccare le spina, come ben insegna il buon Salvini che, pur forte del suo risultato, si guarda bene dal paventare la pur minima intenzione di cambiamento (poi in camera caritatis penserà ben diversamente ma questo non ha impatto). Lui sì che è un furbone.
Occorre anche che Di Maio -metaforicamente e non- svesta gli abiti azzimati (da fighetto) che lo fanno apparire un po' rigido e distaccato, cambiandoli con quelli un po' arruffati e scamiciati di chi è vicino al popolo e alla sua pancia.

Una critica benevola, nella quale in parte mi riconosco

"La batosta del M5s non ne intacca il valore. Ma al suo interno ci sono personalità ben diverse

Sto partecipando con personale e profondo dispiacere al disastro del Movimento Cinque stelle dopo le recenti Elezioni europee. Premetto che ho 81 anni suonati, non ho mai fatto politica attiva anche se me ne sono sempre interessato e ho pure cercato di dare contributi in denaro (alla fondazione del Pd) e in riflessioni, che pubblico sul Fatto Quotidiano da tre anni a questa parte.
Aggiungo, per chiarirci, che da tre anni cerco di parlare (ormai una sessantina i miei post) di una proposta di politica industriale manifatturiera per il nostro Paese: si tratta di una “idea-forte”, come si usa dire nel gergo manageriale, che fatica a passare in un mondo fortemente condizionato da culture basate sui libroni dei dotti, ma molto di meno sulla freschezza delle idee. Non è mio costume chiedere qualcosa in cambio.
La fine del Pd, la vergognosa parabola di Matteo Renzi (che io ho sostenuto a lungo, e che mi ha molto amareggiato quando ho dovuto riconoscere ciò che amici fiorentini mi dicevano da tempo su di lui), la “musica” nuova e frizzante suonata con vigore daBeppe Grillo, l’avallo di persone dello stampo intellettuale e morale di Dario Fo, l’arrivo sulla scena di personaggi assolutamente apprezzabili come Luigi Di Maio, Roberto Fico, Alessandro Di Battista, l’impronta gagliarda e innovativa data al Movimento e, soprattutto, le forsennate campagne dei giornaloni contro il M5S (segno di forte paura da parte delle classi “bene”; non diversamente, nel 1921, fu questo il vero e più forte terreno di coltura del fascismo: ma, di grazia, su quale altro terreno ha lavorato Matteo Salvini?), tutto l’insieme agitato e shakerato hanno fatto di me un sostenitore di questa novità.
Avevo capito che la scommessa non era facile: questi ragazzi hanno dovuto buttarsi in politica e, allo stesso tempo, costruirsi una macchina politica che non esisteva: niente radicamento sul territorio, niente assessori e consiglieri comunali (vera sede, oggi, del potere), niente strutture e uomini preparati: al massimo suscitavano curiosità, ma anche tanti risolini. Ma avete visto la campagna sulla non-laurea di Di Maio? Qualcuno si è mai ricordato se, per caso, Benedetto Croce avesse avuto uno straccio di laurea?
La reazione della gente alla novità grillina fu forte: sapevamo che mancava di stabilità, ma se ne raccoglieva il messaggio di richiesta di aiuto, di Sos che la società italiana lanciava nell’etere, come quelli del Titanic, consci che la nave andava a fondo. In grande fretta e furia i grillini furono costretti a racimolare una ciurma, darsi parvenza di struttura politica, disegnarsi un programma da raccontare agli elettori, cercare di consolidare la fiducia di tanti che chiedevano un cambio, un profondo cambio, e, nel contempo, a gestire una situazione nazionale molto pericolosa. Il tutto sotto una campagna resa forsennata dalla fifa un poco cianotica del ceto al potere. Ebbene, esprimo una mia opinione: sono stati non bravi, strabravi, e seri: hanno parlato un linguaggio politico, fatto di temi politici, di cui da decenni non si sentiva il timbro. Un linguaggio, come diceva il mio nonno comunista doc che aveva fatto la scelta della vita povera, da “uovo fuori dal cavagnolo”.
Una novità assoluta: e uno stile, quello di Di Maio, assolutamente di classe, di grande classe. E tuttora, nonostante la batosta colossale, dico “bravo, bravissimo Di Maio”: sei un politico a tutto tondo, sei – e qui è la sua stupefacente particolarità – un “politico nuovo”. Hai sbagliato, certo, hai sbagliato, ma di colpa si tratta, non di dolo. Diceva papa Pio X: “chi fa falla, chi non fa falla sempre, appunto perché non falla mai’. Capito Salvini? Ma le persone intelligenti, che sbagliano come tutte le altre, sanno trarre insegnamenti preziosi: sì, oggi una sberla, ma lavorano per essere vincenti domani, mentre i mentecatti restano tali e sempre al palo.
Nel frattempo questa nuova classe politica era costretta a raccogliere la ciurma in quattro e quattr’otto. Ce ne vogliamo rendere conto? E qualche opportunista ha colto l’occasione. Pur di rimediare magari una breve comparsata televisiva per la gente di bocca buona. Questa è stata la sensazione negativa che ho avuto nel vedere questi interventi con prua su Di Maio. No: così non si va lontano.
Uno degli errori più grossi di Di Maio è stata la tecnica adottata nella comunicazione: pur avendo (oltre a Rocco Casalino – cui qualche domandina dovrà pure essere indirizzata…) un laureato in scienza della comunicazione come Gianluigi Paragone, che ha nel suo passato qualche cambio di casacca. E che non mi risulta sia intervenuto, nel momento giusto, a cercare di correggere gli errori del capo: perché errori ce ne sono stati, senza dubbio. Tirerei una conclusione: fra un Di Maio (che sbaglia ma come tutti noi) e un Paragone (che sbaglia perché leggermente a mio parere motivato da un complesso di opzioni personali) non ho dubbi: Di Maio."

Il Fatto Quotidiano by Giuseppe Brianza
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Una critica sferzante per i 5S, con molte verità

"E’ interessante leggere i commenti dopo le elezioni e in particolar modo quelli dei militanti 5 stelle o comunque simpatizzanti perché esprimono due contrastanti modi di vedere le cose. Non parlo ovviamente dei fan o dei circoli che si stanno scannando su di Maio si o di Maio no, né del verdetto della piattaforma Rousseau che probabilmente confermerà l’attuale capo politico, nonostante una batosta epocale. Parlo degli interventi di persone dentro o fuori del movimento che si domandano cosa sia successo e tentano qualche spiegazione. 

Una parte di queste persone tra le quali è possibile includere Massimo Fini e lo stesso Grillo accusano intanto gli elettori di non aver compreso tutto quello che i Cinque stelle hanno fatto in questo anno di governo nonché la campagna a tappeto contro i pentastellati condotta sia dall’informazione maistream del capitale, sia dal Pd, con il risultato di aver fatto vincere Salvini. 

Un’ altra parte invece ha il coraggio di mettere il dito nella piaga, mostrando che le riforme attuate dal governo sono inferiori rispetto a quanto promesso e spesso ciò che viene dato ad alcuni è preso ad altri perché la coperta è troppo corta e lo sarà sempre in mancanza di una forte politica europea basata innanzitutto sulla difesa degli interessi italiani, anche a costo di mettere in crisi l’Ue che , tra l’altro nelle sue forme attuali, è destinata a disgregarsi. Ma questi mettono in primo piano il fatto che la sconfitta nasce dalla incapacità di evolvere una struttura territoriale e di reale selezione politica, rimanendo tuttora vittima degli infausti miraggi della democrazia diretta.
In realtà sono proprio questi critici ad essere ottimisti perché sanno che la salvezza dei Cinque stelle non sta nel covare ancor più di prima la sindrome dell’assedio, ma proprio nella capacità di fare autocritica, di cominciare a fare politica pensando un po’ più a Machiavelli che a Savonarola e impegnandosi dentro la società e la sua intelligentia a costruire un progetto che non sia solo un collage di programmi, ma riesca ad esprimere una speranza collettiva. Come ho detto ieri c’è un enorme serbatoio di voti e di forze elettorali allo stato plasmatico che non cerca altro e che tuttavia continua a sentirsi senza rappresentanza, che ha bisogno di una nuova prospettiva e di un nuovo orizzonte. Insomma i critici dicono che non ci si deve arrendere, che si può lavorare per riconquistare a poco a poco il senso e il consenso. Tuttavia questo passaggio del Mar Rosso non può partire dal megafono Grillo o da questo o quel luogotenente, ed è più che mai chiaro come occorra superare l’adolescenza per non morire giovani. Insomma bisogna uscire da quella condizione di escatologia politica in cui i Cinque stelle sono vissuti finora e che tra l’altro non poteva che suscitare l’immediata delusione: pensare di essere sempre e comunque nel giusto è la strada migliore per fallire e per mostrarsi talmente preda dell’autismo da ritenere che il proprio messaggio non possa non essere accolto come verità lampante. I veri giusti sono sempre pieni di dubbi."
Tratto da  ilsimplicissimus

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