
Ma chi lavora sa che non è così. Dall'operaio che si da fuoco come riportato oggi da Repubblica, alle 15.000 segnalazioni ai servizi sociali per difficoltà economiche a Sassuolo, la citta dove vivo durante la settimana, che ha 39.000 abitanti: si tratta del 40% della popolazione; e si parla di una zona che fino all'anno scorso conosceva solo la piena occupazione al punto da aver attratto un numero notevole di extracomunitari, avendo terminato la possibilità di far fronte a lavori duri con la manodopera locale.
Sono un miliardo le ore di cassa integrazione (ordinaria e straordinaria) autorizzate tra l'ottobre 2008 e il dicembre 2009.
I dati dell'Istat e di Eurostat segnalano una crescita all'8,5% dei senza lavoro. Cifre record dal 2004.
Nè da destra (il cui unico problema pare evitare i processi a qualcuno), e purtroppo nemmeno da sinistra, si fa abbastanza per cercare di lenire questo problema sempre più forte e dirompente. La sinistra dice qualcosa, per amor di verità, ma per lo più si fa attirare nelle trappole della polemica politica, fatta di parole e di pochi fatti.
Non ci sono i soldi per aiutare i disoccupati, ci dicono. Occorrerebbe risolvere il problema dell'evasione fiscale, dicono tutti, ma nessuno, e dico nessuno, nè a destra e nè a sinistra ha il coraggio, non dico di fare qualcosa, che sarebbe già troppo, ma nemmeno di dire cosa si dovrebbe fare per risolvere il problema. Questo è il vero scandalo: in Italia le tasse le paga solo chi non può sfuggire, e le paga per tutti gli altri. E chi ha bisogno, magari dopo una vita di lavoro, di tasse e di contributi, si trova sulla strada senza nulla.
L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, recita il primo articolo della nostra Costituzione, e giustamente, perché la dignità di ogni uomo è basata sulla possibilità di una onesta occupazione.
Lavorare è anche l'unico modo di procurarsi il minimo benessere necessario a potersi interrogare sui perché dell'esistenza, per evolvere e diventare migliori.

Poiché ad ogni azione corrisponde una reazione, solo un corretto modo di lavorare potrà divenire fonte di libertà e non di schiavitù. Al nostro lavoro dobbiamo dedicarci con impegno ed attenzione e senza lo scopo di trarne profitto, fama, lodi o riconoscimenti ma solo come fonte di sostegno e di liberazione dai bisogni primari, in modo da giungere agli elevati obbiettivi che l'essere umano non può non porsi.
Perdere il lavoro è dunque una sfortuna dai significati molto profondi. Una sfortuna che ormai sta capitando troppo senza che si faccia abbastanza per evitarlo. Occorre saperlo.
Malgrado tutto ciò, credo non ci si debba perdere d'animo, e che occorra continuare a lottare, ognuno nel suo piccolo, per un mondo migliore, dove il solo profitto di breve periodo non sia l'unico obbiettivo giustificato, dove chi ha di più possa aiutare chi ha di meno, e dove etica di vita non sia un termine vuoto e privo di consistenza.
Dove ognuno, con la sua piccola lampada, riesca ad illuminare lo spazio che gli è dato, aiutando chi gli è vicino ed è al buio. Solo così si potranno evitare tante tragedie interiori, anche quelle che portano un uomo licenziato a sentirsi disperato al punto da rinunciare al bene più prezioso, l'unico in grado di permettere all'uomo di diventare migliore.
1 commento:
Si,credo che perdere il lavoro sia una delle cose più trisi che possano capitare ad una persona.
Sconcertanti le statistiche di Sassuolo!!!!Aiutoooo!!!
Posta un commento