Una puntata particolare, quella di Report di ieri sera. Spunta fuori persino una proposta legislativa di riforma fiscale, abbozzata ovviamente, che sorprende persino il Premier Monti, chiamato a commentarla. In sintesi si tratta di questo: incentivare in modo forzoso l'utilizzo del contante tassando al 33% (quindi in % ben superiore all'IVA) tutti prelievi e i depositi di contanti, garantendo a tutti gli italiani che aderiscono, il 33% di un prelievo minimo mensile che -per pura ipotesi- Report fissa a 150 €. In tal modo lo Stato si obbliga (non potendo sapere a priori quanto sarà il contante prelevato lo Stato dovrebbe tassare al 33% qualsiasi prelievo) a restituire di default il 33% di 150€ a tutti gli aderenti (che hanno carta di credito e/o bancomat), a prescindere dal fatto che spendano in contanti o meno. Si veda la spiegazione data da Report ieri sera, postata a seguire in modo puntuale (con le parole di Gabanelli e soci citate testualmente).
Essendo da 30 anni un abituale utilizzatore di Carta di Credito e Bancomat, e da anni interrogandomi sui possibili metodi per fare emergere il nero di questo Paese, apprezzo a grandi linee l'intento della proposta. Portare gli italiani a pagare le tasse porterebbe questo Paese in una situazione inedita di enorme surplus di bilancio (si ipotizza un area nera di 300 miliardi di € all'anno). Ma uno degli aspetti più significativi di una tale proposta, ovvero l'inevitabile e contestuale abbassamento del livello di tassazione [vessatorio] del Paese, non è stato per nulla citato in trasmissione, e questo mi fa specie perchè in Italia chi paga le tasse è costretto a pagarne troppe per far fronte a chi non le paga. Quindi in primis occorrerebbe pensare a ridurle ai lavoratori e ai pensionati, tassati alla fonte, a cui di deve il pagamento del 90% delle tasse italiane, riequilibrando la tassazione anche considerando i patrimoni (e anche di questo non si è sentito nulla in trasmissione). Alla fine il rischio di una soluzione del genere sarebbe quello di penalizzare tante persone che non hanno un conto in banca e che dovrebbero necessariamente aprire conti correnti ed essere ulteriormente vessati per poter utilizzare i propri soldi.
- perchè proporre solo questa soluzione invece di quella che permette di scaricare (in misura superiore all'IVA) tutte le spese nelle denunce dei redditi, come fanno in altri paesi?
- forse la risposta è l'enorme vantaggio che si darebbe a tutti gli istituti di credito (spese per movimenti, spese per carte, ecc. ecc.) e che fa pensare quasi ad una sponsorizzazione delle banche a Report?
- se lo Stato incassa subito il 33% dei contanti, è sicuro che poi ce li restituisce velocemente come dovrebbe? E' evidente che il metodo di restituzione è basilare, perchè se ci fosse ritardo occorrerebbe definire anche gli interessi; senza contare il fatto che sappiamo come lo Stato sia tremendo nel farti rispettare i tempi ma inaffidabile e ritardatario nel dare i rimborsi.
Ho postato -a seguire la proposta di Report- alcune delle più grosse critiche reperite in rete.
PUNTATA “REPORT” DEL 15/04/2012
CONTANTI SALUTI AL NERO
DI Stefania Rimini
(...)
STEFANIA RIMINI
Diciamo che ragionevolmente servono 150 euro al mese in contanti. Se esistesse una
ritenuta sull’uso del contante, quanto peserebbe su un italiano medio?
Nel sistema che stiamo immaginando, l’uso fino a 150 euro non dovrebbe essere
penalizzato. Per cui se la ritenuta sui prelievi fosse del 33%, lo Stato dovrebbe
accreditare una volta al mese 50 euro a ognuno in busta paga, sulla pensione o sotto forma di detrazione fiscale. Così nessuno ci rimetterebbe. Mentre chi riuscisse ad eliminare del tutto l’uso del contante non avrebbe niente da compensare e quindi si ritroverebbe con un aumento netto di 50 euro al mese, cioè 600 euro all’anno in più, a testa.
MILENA GABANELLI IN STUDIO
Naturalmente è solo l’idea di una strada possibile, almeno secondo il nostro
ragionamento che per ora non è alterato dall’assunzione di sostanze stupefacenti
abbiamo capito che per il parcheggio, per il giornale, per la candela in chiesa, per la
frutta lungo per strada, per le caldarroste, per gli spiccioli della quotidianità possono
stare dentro ai 150 euro. E’ una soglia, naturalmente questa cifra è una cifra arbitraria,
serve per spiegare il ragionamento. E dentro questa soglia nessuno deve essere
penalizzato, anzi il contrario. Lo vediamo dopo la pubblicità.
MILENA GABANELLI IN STUDIO
Rieccoci qui, stiamo immaginando un sistema che possa permettere di far emergere
almeno una parte di quei 300 miliardi l’anno in nero, perché ci siamo stufati di
sobbarcarci ogni giorno una tassa a causa di chi evade. Il sommerso vive di contanti,
quindi bisognerebbe scoraggiarne l’uso e usare mezzi tracciabili, ovviamente. Come si
scoraggia l’uso del contante? Un dissuasore potrebbe essere un 33% applicato al
deposito e al prelievo. Abbiamo visto che ragionevolmente ci servono 150 euro al mese di cash, quel 33% equivale a 50 euro, che però mi vengono riaccreditati alla fine del mese, che vuol dire 600 euro l’anno, su 60 milioni di abitanti sono 36 miliardi che ritornano indietro.
Lì per lì uno dice, ma tutta questa storia del pagamento tracciabile
non era per portare denaro alle casse? Certamente sì, perché i 36 miliardi sono una
partita di giro, torna indietro quello che il cittadino ha pagato per i suoi 150 euro al mese in contanti.
Quindi nessuno ha tirato fuori un euro in più. Ma immaginiamo che
l’intera popolazione paghi tutto in modo tracciabile, (e non usi contante NdR) si ritroverà con 600 euro in tasca in più all’anno.
(Ovvero lo Stato dà di default, 150 euro al mese a tutti coloro che accettano di tracciare i loro pagamenti, ovvero che usano BM o carte di credito. NdR).
In questo caso come si copre questo esborso ipotetico? Quei 36 miliardi lo stato
ce li avrebbe già in tasca, perché le operazioni che prima venivano fatte in nero,
adesso sarebbero accompagnate da fattura sulle quali versi le imposte. Pertanto
emergerebbe una parte cospicua dei 300 miliardi che oggi sono in nero. Metti che in
questo modo, dei 120-150 miliardi di evasione ne acchiappi subito 100. 36 abbiamo
detto tornano alle famiglie, ed è un bello stimolo all’aumento dei consumi, te ne
restano 64 per cominciare ad eliminare una tassa ingiusta che è l’Irap, per dare la
possibilità di detrarre una parte dell’iva sulla spese che oggi non sono considerate:
dall’idraulico, al muratore; per fare investimenti e creare posti di lavoro; e cominciare
ad abbattere il debito liberandoci dal ricatto della speculazione. E poi inneschi il
meccanismo virtuoso della concorrenza leale, perché oggi se non fai fattura riesce a
stare sul mercato, se paghi tutto no. L’obiettivo quindi non è quello di aggiungere una
nuova tassa, ma rendere preferibile pagare con altri modi. E allora vediamo nella
pratica cosa cambierebbero per il paese se si applicasse una ritenuta del 33% sia sul
deposito che sul prelievo.
STEFANIA RIMINI FUORI CAMPO
Oggi la ditta Eva Sore ti propone “121 euro con fattura o 100 in nero in contanti”. E la
bilancia per entrambi pende verso il nero.
Come cambierebbe se ci fosse una tassa sull’uso del contante, poniamo del 33%?
Per pagare in contanti la ditta Eva Sore, il cliente va a prelevare le banconote da 100
euro. Ma invece di 100, se ne vedrebbe scalare dal conto 150 a causa della tassa sul
prelievo. A quel punto il cliente non avrebbe più nessun interesse a pagare in contanti
in nero. Diventano preferibili i 121 con bonifico, assegno o carta, e la bilancia pende
verso la fattura.
Ma se la ditta Eva Sore proponesse un sconto ancora maggiore, tipo 121 con fattura
oppure 80 in contanti? Per il cliente non farebbe differenza, ma all’Eva Sore non
conviene perché quando va a versare 80 euro in contanti, gliene accreditano solo 53 a
causa della tassa sul deposito. A quel punto anche per la ditta Eva Sore la bilancia
pende verso la fattura.
STEFANIA RIMINI
Se immaginassimo un sistema dove diventa molto penalizzante, molto “costoso”
scegliere di continuare a utilizzare il contante, perché magari ipoteticamente al
momento del prelievo e del deposito in banca te ne viene trattenuta una quota … Che
cosa ne pensa di un sistema del genere e secondo Lei potrebbe essere effettivamente
come noi pensiamo un modo per far emergere da subito in maniera anche abbastanza
drastica il sommerso e quindi destinare le risorse per esempio a ridurre le imposte e il
debito pubblico?
MARIO MONTI – PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL’ECONOMIA
Mah, non sono molte le trasmissioni che oltre a guardare la realtà, a indagare sulla
realtà, fanno addirittura proposte di politica economica. Questo mi sembra meritevole
di considerazione. Vedo quali sono le finalità che la ispirano. A prima vista c’è una
certa pesantezza pratica e, non so se è corretto dire, ma vedo qualche analogia con la
tassa sulle transazioni finanziarie, in qualche modo, con la Tobin tax, che è vero si
riferisce ad un contesto completamente diverso, cioè le grandi transazioni finanziarie,
mentre questo è il piccolo…
STEFANIA RIMINI
La microevasione, esattamente.
MARIO MONTI – PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL’ECONOMIA
Sì. Ma siccome in questo breve momento della mia vita rispetto alla mia funzione di
economista prevale, temo, quella di Ministro dell’Economia e di Presidente del
Consiglio, non mi trovo molto a mio agio nel dare senza adeguato studio valutazioni
su proposte di politica economica, salvo dire che mi sembra un’idea che merita di
essere considerata. Non andrei al di là di questo.
MILENA GABANELLI IN STUDIO
Grazie Presidente, e speriamo che la consideri, perché rigirandola da tutte le parti a
noi sembrano di più i vantaggi degli svantaggi. Se poi uno vuole pagare la cena o
comprare un gioiello all’amante senza farlo sapere alla moglie o al marito, si compri la prepagata, oppure se preferisce paghi in contanti pagandoci sopra il 33%, senza farla troppo lunga perché la partita è decisamente più elevata. Ed è evidente che il nostro contributo è da giornalisti, se interessa i tecnici dovrebbero poi studiare, mettere appunto, aggiustare il tiro e anche vedere la questione della soglia che magari per i negozianti quella dei 150 euro potrebbe non andar bene, rivedere le compensazioni.
Di sicuro è che quando il sistema si autoregola, non c’è più bisogno di mandare i finanzieri a controllare gli scontrini, ma tutte le forze potrebbero essere concentrate sulle grandi operazioni di riciclaggio o le grandi operazioni di evasione. Potrebbero essere impiegate a controllare per esempio chi consegna direttamente i contanti alle banche, ai corrieri delle banche che forniscono il servizio completo per portarlo fuori confine.
REPORT SULL’USO DEL CONTANTE. ABOLIRE LE BANCONOTE PER
FARE FELICI LE BANCHE?
11 aprile 2012 - 10:48 di Massimo Costa
L’altra sera ho
appreso in TV che la Sig.a Gabanelli intende procedere imperterrita nella sua
crociata contro il contante. Ed è in buona compagnia. In Svezia stanno
studiando come eliminarlo del tutto.Ho detto e ripeto che il progresso non si
ferma. Se in passato le banconote hanno sostituito le monete metalliche e
queste hanno sostituito le pecore, non c’è ragione per frenare questa
evoluzione. Ci sono anche buone motivazioni, quale quella della lotta
all’evasione fiscale, anche se – ai livelli attuali della pressione fiscale –
in alcuni casi parlerei di legittima difesa o di diritto alla sopravvivenza. Ma
diamo per buono tutto.Quello che trovo irritante è che una trasmissione che si
accredita come quella che "scopre gli altarini" dei poteri forti si
asserva poi agli stessi senza dare diritto di replica a chi la pensa
diversamente.
Questo articolo lo spedirò alla redazione di Report, ma – vedrete –
sarà completamente ignorato.
Se mi facessero parlare a Report direi soltanto le seguenti cose.
Prima alcuni dettagli, poi il pezzo forte.
Primo: dove finisce la lotta all’evasione fiscale e comincia
l’oppressione fiscale e la confisca di redditi e patrimoni di famiglie e
imprese? Mi spiego meglio. Se mio nipote, che ha 13 anni, mi aggiusta la
serranda e io gli do una mancetta, la "trasparenza" invocata
raffigura in capo a quel ragazzo intanto una forma di sfruttamento minorile e
poi – perché no – una vera evasione fiscale, dato che questo reddito non lo
dichiara? Chi ci garantisce dal fatto che il fisco, una volta avuto accesso a
tutte le transazioni davvero minime, non ne faccia uso per tassare pure l’aria?
Ma chi l’ha detto che se pagassimo tutti le tasse, ne pagheremmo veramente
meno? Non potrebbe succedere che, presoci gusto, ne pagheremmo tutti di più?
Secondo: non è che, imponendo a tutti un POS, "faremmo fuori"
tutti i mendicanti, renderemmo difficilissima la vita a povere parrocchie etc.?
Va bene, l’elemosina in sé è una brutta cosa che non dovrebbe esistere, confina
con l’accattonaggio, ma… un po’ di tolleranza non può alleviare alcuni mali
sociali per i quali lo Stato è praticamente latitante?
Terzo: ma un po’ di privacy, nelle cose minime almeno, non era nei
valori dell’Occidente libero e democratico? Se io fossi un consumatore –
poniamo – di materiale pornografico, lo deve sapere il "grande
fratello", e così deve sapere se al bar preferisco il cornetto o
l’arancina? Non è che stiamo esagerando un po’?
Quarto: su chi ricade il costo della tenuta dei c/c che sostituiscono
il circolante? Ovviamente sui consumatori. Coi tempi che corrono davvero una
bella mossa! Le banche ringraziano!
Come si vede si va a cuor leggero a toccare elementi della vita di
tutti i giorni senza valutarne bene l’effetto. Ma io stesso dico che, sin qui,
con un po’ di buona volontà e se i problemi sono correttamente avvistati da un
punto di vista politico, si potrebbero tutti superare. Immaginiamo per esempio
incentivi per distribuire macchinette POS "al portatore" in cui si
ricarica a vista la propria carta di credito come fosse un telefonino. Le
potrebbero dare i genitori ai figli come mancetta, senza aprire per forza un
conto corrente, e le potrebbero usare pure i mendicanti. Sui costi dei c/c in
un’altra Italia e in un’altra Europa si potrebbero imporre condizioni ai
cartelli bancari. Per garantire un minimo di privacy si potrebbero istituire
delle carte ricaricabili "al portatore", veri e propri borsellini
elettronici, con le dovute segnalazioni al fisco o ad altra autorità competente
quando le transazioni che avvengono sulle stesse per entità e natura potrebbero
divenire sospette per ogni ragione. Insomma, se si volesse, ma è chiaro che non
si vuole, gli "effetti collaterali" potrebbero essere neutralizzati.
Ma il problema dei problemi è un altro, e non mi stancherò mai di
ripeterlo.
Vi prego di seguirmi in un passaggio contabile. In Ragioneria
nella sezione di "avere" si mettono due cose molto diverse fra loro:
i ricavi e i debiti. In realtà, nonostante l’apparente differenza, la comune
sorte nell’essere "accreditati" anziché "addebitati" in un
conto nasce dal fatto che queste due cose (positivi i primi, negativi i
secondi) a ben vedere ce l’hanno. Essi sono entrambi "fonti" di
capitale, cioè modi per procurarsi denaro. E in effetti, se ci pensate, ci sono
due modi per procurarsi il denaro: vendere qualcosa e guadagnarci, oppure
farselo prestare.
Ora, quando un’azienda "emette moneta" (in teoria solo lo
Stato potrebbe e dovrebbe farlo) sta ottenendo una fonte di denaro. Questa
fonte è un ricavo o un debito? Se, a fronte di questa moneta emessa,
l’emittente deve qualcosa al portatore, allora è un debito, se invece non deve
proprio nulla e la moneta è soltanto un mezzo di scambio che deve essere
comunemente accettato, allora la sua emissione rappresenta un ricavo.
Oggi, per lo Stato, funziona così solo per le monetine metalliche. Lo
Stato le conia, le mette in circolazione (secondo le quantità che decide la
BCE, per carità), ci guadagna e non deve più nulla.
La scomparsa di queste monetine, intanto, significa la scomparsa
di questa fonte di reddito per lo Stato, che in cambio dovrà invece
INDEBITARSI. Ma si tratta ormai di una voce minima. I tempi della moneta
metallica sono andati da tempo.
Nel caso delle banconote, l’azienda emittente non è lo Stato, ma la
Banca d’Italia (più correttamente il "concerto" di tutte le banche
centrali europee, il SEBC). Direte "fa lo stesso" perché la Banca
d’Italia è un ente statale. Non è del tutto vero, ma non ci addentriamo in
questa questione. La Banca d’Italia emette banconote ed ha, come con le monete,
una fonte di risorse monetarie. Ripetiamo la domanda: è un ricavo o è un
debito? La risposta dipende dal fatto che la Banca d’Italia debba dare o no in
cambio qualcosa al portatore di banconote. Un tempo, ormai lontano, le
banconote davano diritto alla dazione di monete d’oro e d’argento. ALLORA erano
un debito. Poi questa convertibilità è stata tolta, prima sul piano interno e
poi anche su quello estero. DA ALLORA esse sono un ricavo per chi le emette,
sebbene questo ricavo non sia distribuibile direttamente ma debba restare
investito nell’azienda che lo emette. Purtroppo le banche centrali fanno finta
di niente e, anziché mettere correttamente nel conto economico questo ricavo,
lo mettono ancora nello stato patrimoniale come se fosse ancora un debito. Ma
lasciamo perdere anche questo dettaglio. Oggi le banconote sono emesse dalle
banche centrali, immesse sul mercato ricevendo in cambio dei titoli che
fruttano interesse. L’interesse su questi titoli, tuttavia, viene retrocesso
allo Stato. La scomparsa delle banconote, anch’esse trascurabili ma meno delle
irrilevanti monetine, farà cessare questa fonte di interessi per lo Stato, che
in cambio dovrà INDEBITARSI. Ma facciamo ancora finta di niente.
Riepiloghiamo quanto accade sul circolante prima di passare al terzo
stadio, quello della moneta bancaria. Sulla prima forma lo Stato si appropria
del "signoraggio primario", cioè in sostanza del valore facciale
delle monete dedotto il costo di produzione. Sulla seconda si deve
accontentare, chissà perché, del solo "signoraggio secondario", cioè
degli interessi che derivano dalla collocazione sul mercato delle banconote,
mentre quello primario resta investito nel patrimonio delle banche centrali,
solo in parte realmente pubbliche. Per inciso si noti che se le banche centrali
dessero agli stati il compito di battere la moneta cartacea, come si fa con
quella metallica, quel signoraggio primario andrebbe direttamente allo Stato,
che avrebbe bisogno di "meno tasse e meno tagli". Ma facciamo finta
di niente.
Veniamo all’ultima forma di denaro, quella bancaria, cioè i depositi a
vista, le carte ricaricabili, gli assegni, etc. Questo denaro è emesso in
piccola parte ancora una volta dalla banca centrale (le cosiddette riserve
monetarie o "Moneta ad alto potenziale") e, per la quasi totalità,
dalle banche private.
Come mai le banche private "battono moneta", sia pur
elettronica? Non dovrebbe spettare questo compito allo Stato, o al più alla
banca centrale? Residuo del passato. Ma in ogni caso, sino ad oggi, sia pure
ormai solo in via puramente teorica, tale delega di emissione di moneta ai
privati ha una giustificazione formale. Torniamo al dilemma ricavo/debito.
Quando la banca "emette" un c/c ha certamente una fonte. Questa fonte
è ricavo o debito? Ecco, sia pure formalmente, FINO A CHE ESISTE IL CONTANTE,
esso è teoricamente un debito. Il correntista, infatti, può mettere in
difficoltà la banca presentandosi allo sportello e pretendendo il contante,
esattamente come 80 anni fa il detentore di banconote si poteva presentare
all’istituto di emissione e pretendere l’oro in cambio. Quindi è un debito. OK.
Ma – QUESTO E’ IL PUNTO CRUCIALE – che succede se il contante sparisce?
Succede che si sta dando "corso legale" alla moneta bancaria,
esattamente come prima della II guerra mondiale si diede "corso
legale" alla moneta cartacea. Questo equivale a trasformare l’emissione di
moneta bancaria da debito a "debito irredimibile", cioè sostanzialmente
a ricavo. Ed è ancora giusto che questo ricavo non passi dal conto economico e
le banche non ci paghino alcun tributo? E’ ancora giusto che questa moneta sia
emessa, peraltro a interesse, da banche private e non dallo Stato come sarebbe
equo? Questo la Gabanelli, spero di sbagliarmi, ma non ve lo dirà mai.
Anche la piccola quota di moneta bancaria emessa dalle banche centrali
presenta un’incredibile iniquità. Mentre per le banconote il 100 % degli
interessi sulla loro collocazione viene ufficialmente definita
"signoraggio" (in realtà è solo quello "secondario") e
retrocessa allo Stato, gli utili derivanti alla Banca centrale dall’emissione
della moneta bancaria, chissà perché, sono completamente liberi. E quindi parte
di essi è accumulato nel patrimonio della banca, parte di essi, sotto varie
forme, viene dato allo Stato, parte di essi viene dato ai
"partecipanti" (?!), cioè a banche private che non si sa a quale
titolo stanno nel capitale di un istituto di credito che si vorrebbe "di
diritto pubblico". E’ vero che si tratta di poca roba. Ma, poca o tanta
che sia, questi utili su emissione di moneta bancaria retrocessi a banche
private, se fossero dati più correttamente allo Stato non sarebbero un
"minore indebitamento"? No, a quanto pare lo Stato DEVE indebitarsi,
per poi dirci che "siamo vissuti al di sopra delle nostre
possibilità". E si badi che la moneta bancaria emessa dalla Banca centrale
è già "legale" in quanto è già inconvertibile in banconote.
Ma si tratta di una piccola frazione.
Il vero scandalo è quel 90 % e passa di moneta che oggi è emessa
da banche private che lucrano interesse su di una funzione eminentemente
pubblica. Ecco, la tanto invocata riforma della Gabanelli vuole portare questo
90 al 100 % con tanti saluti all’equità e alla finanza pubblica.
Ma c’è un ultimo conto che non torna. Se il 100 % della moneta
emessa in futuro sarà emessa da banche private, che la emettono, la prestano e
contrattualmente poi chiedono in cambio il 105 % (il capitale più l’interesse),
dove prenderà il sistema tutti quei soldi per restituirli? Se l’emissione di
moneta bancaria la facesse lo Stato, intanto non avrebbe bisogno di prestarla a
interesse ma potrebbe spenderla direttamente, ridistribuendola. Ma, in questo
modo, è MATEMATICO che i soldi, a breve o lungo andare, non ci saranno mai. E
giù con tagli e tasse senza fine, in una spirale che strutturalmente non può
avere mai fine.
Da qui la mia proposta. Va bene, facciamo sparire il circolante, magari
con le avvertenze di cui sopra. Ma, allora, affidiamo l’emissione di moneta al
solo Stato (o all’Unione Europea, se volete, o alle Regioni, ai Comuni,…) e
diamo alle banche la sola funzione che compete loro: prendere soldi a prestito
e prestarli a chi ne ha bisogno. Mai più emissione monetaria e mai più
speculazioni (ma quella è un’altra storia). Come? O portando al 100 % la
riserva frazionaria da tenere presso la Banca d’Italia (i trattati in teoria lo
consentono), ovvero – più semplicemente – autorizzando l’emissione monetaria
alle sole banche "nazionalizzate", cioè di proprietà dello Stato.
Siccome sono un irrecuperabile liberale, pretendo che lo Stato non
possa mai decidere il "quantum" della moneta da mettere in
circolazione. Questo lo decidano le austere "banche centrali",
indipendenti dal potere politico. Ma, una volta deciso il quantum, questo deve
essere messo a disposizione direttamente dello Stato, con un crollo verticale
del debito e con il fallimento, per mancanza di oggetto, delle agenzie di
rating e del maledetto spread che ci lanciano contro.
Sig.a Gabanelli, me le fa dire queste cose in TV? O vuole solo
contribuire a metterci nel laccio delle banche con il pretesto della lotta
all’evasione?
15 aprile 2012
Tutti i Governi degli ultimi anni, da Prodi a Berlusconi fino
all'attuale Monti, hanno sempre proposto la graduale scomparsa del denaro
contante (con costi aggiuntivi per chi preleva o versa liquidità sul conto),
sostituito dalla moneta elettronica: pagamenti con carte di credito, bonifici,
assegni, tutto tranne il denaro contante. La soglia dei pagamenti cash è
scesa negli ultimi tempi dai 12.500€ a 5.000€ e, successivamente, all'attuale
livello dei 2.500€.
Adesso il governo tecnico di Monti (N.B.: eletto dalle banche, ma
non eletto democraticamente da alcun cittadino) ha proposto una nuova soglia ai
pagamenti in contanti di 1000€.
Monti il 17/11/2011 ha dichiarato in Parlamento: "Occorre
ulteriormente abbassare la soglia per l'uso del contante, favorire un
maggior uso della moneta elettronica".
Perchè tutto questo?
Il governo afferma che si tratti di una
soluzione utile alla lotta dell'evasione fiscale, in quanto tutte le
transazioni vengono registrate e si può meglio controllare tutti i pagamenti
che avvengono tra clienti, fornitori, consumatori.
FALSO per la seguente ragione: il
grosso dell'evasione fiscale (cosiddetti 40 miliardi di sommerso di cui parla
l'A.B.I.) non riguarda le piccole-medie imprese che hanno un giro di affari
modesto, bensì le grandi corporations, proprio quelle S.p.A. che nascondono al
fisco milioni e milioni di euro, attraverso transazioni segrete in qualche
conto bancario o hedge fund con sede nei paradisi fiscali. Il vero evasore non
è il fruttivendolo sotto casa, ma i manager che risiedono nei CdA delle
multinazionali e gli speculatori finanziari che spostano gli utili all'estero
in posti come Panama, Cayman, Jersey, etc..
Le vere ragioni insite in questa
proposta sulla moneta elettronica sono due:
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