
Mentre milioni di persone ogni anno nel mondo diventano vegetariane anche per prevenire il disastro ecologico causato dell'immenso consumo di risorse necessario all'allevamento bovino e per consentire di utilizzare i cereali destinati a tale allevamento direttamente per l'alimentazione umana (ricordiamo il rapporto 8 kg di cereali per 1 kg di carne, per non parlare dei migliaia di litri d'acqua), tutto ciò rischia di essere vanificato dall'enorme aumento di produzione dei biocarburanti.
Siamo invece di fronte ad un ulteriore e sconsiderato sfruttamento delle risorse del pianeta.
Siamo di fronte al solito irrefrenabile desiderio di guadagni delle multinazionali di questo modello di consumo delittuoso.
Siamo di fronte ad un pericoloso connubio tra grandi società del settore agro-alimentare e multinazionali petrolifere.
Siamo di fronte all'ennesimo tentativo di prolungare vieppiù le tecnologie distruttive e inquinanti (dei motori a scoppio) invece di promuovere nuovi tipi di tecnologie per vetture meno inquinanti (elettriche, ad aria compressa, a energia solare e quant'altro).
Questo nuovo business sta infliggendo ulteriore distruzione del pianeta oltre a grandi sofferenze a popolazioni già sfruttate. Negli ultimi cinque anni, i prezzi degli alimenti si sono impennati, mettendo milioni di persone senza reddito a rischio fame. Il sistema economico pone il profitto al di sopra della sopravvivenza degli esseri umani. Il primo fattore che ha provocato l’ascesa dei prezzi alimentari è lo sviluppo dell'industria dei biocarburanti a livello globale. Come può un settore così distruttivo essere ancora promosso e sponsorizzato malgrado le sofferenze che provoca? Una delle risposta è che l’opinione pubblica è ancora in gran parte all'oscuro delle implicazioni di tali scelte economico-agricole. Bruciare milioni di tonnellate di raccolto che potrebbe essere destinato all'alimentazione, di un paese dove ogni cinque secondi un bambino sotto i dieci anni muore di fame, non è umano.
Il serbatoio di un’automobile di media cilindrata contiene 50 litri. Per produrre 50 litri di bioetanolo devono essere distrutti 358 kg di cereali. In Messico ed in Zambia, i cereali rappresentano la fonte principale di alimentazione. Con 358 kg di cereali, un bambino messicano o un bambino dello Zambia potrebbero avere abbastanza cibo per sostentarsi un intero anno.
A delegittimare la presunta maggiore eco-compatibilità di tali combustibili il fatto che queste piantagioni, con l'incendio delle foreste pluviali, l'abbattimento degli alberi, e le attività necessarie a implementarle, causano emissioni di CO2 in quantità migliaia di volte superiori a quelle che farà risparmiare il biocombustibile prodotto: il bilancio climatico è disastroso (1).
Siamo di fronte all'ennesimo tentativo di prolungare vieppiù le tecnologie distruttive e inquinanti (dei motori a scoppio) invece di promuovere nuovi tipi di tecnologie per vetture meno inquinanti (elettriche, ad aria compressa, a energia solare e quant'altro).
Questo nuovo business sta infliggendo ulteriore distruzione del pianeta oltre a grandi sofferenze a popolazioni già sfruttate. Negli ultimi cinque anni, i prezzi degli alimenti si sono impennati, mettendo milioni di persone senza reddito a rischio fame. Il sistema economico pone il profitto al di sopra della sopravvivenza degli esseri umani. Il primo fattore che ha provocato l’ascesa dei prezzi alimentari è lo sviluppo dell'industria dei biocarburanti a livello globale. Come può un settore così distruttivo essere ancora promosso e sponsorizzato malgrado le sofferenze che provoca? Una delle risposta è che l’opinione pubblica è ancora in gran parte all'oscuro delle implicazioni di tali scelte economico-agricole. Bruciare milioni di tonnellate di raccolto che potrebbe essere destinato all'alimentazione, di un paese dove ogni cinque secondi un bambino sotto i dieci anni muore di fame, non è umano.
Il serbatoio di un’automobile di media cilindrata contiene 50 litri. Per produrre 50 litri di bioetanolo devono essere distrutti 358 kg di cereali. In Messico ed in Zambia, i cereali rappresentano la fonte principale di alimentazione. Con 358 kg di cereali, un bambino messicano o un bambino dello Zambia potrebbero avere abbastanza cibo per sostentarsi un intero anno.
A delegittimare la presunta maggiore eco-compatibilità di tali combustibili il fatto che queste piantagioni, con l'incendio delle foreste pluviali, l'abbattimento degli alberi, e le attività necessarie a implementarle, causano emissioni di CO2 in quantità migliaia di volte superiori a quelle che farà risparmiare il biocombustibile prodotto: il bilancio climatico è disastroso (1).
C'è poi il tema delle modificazioni genetiche di cui tali coltivazioni vengono fatte oggetto. Le piante destinate alla produzione di biocarburanti devono - nel gergo degli specialisti in relazioni pubbliche - essere "ottimizzate", attraverso la modificazione genetica. Le autorizzazioni per le colture energetiche incontrano meno resistenza di quelle per alimenti o animali. Però le piante transgeniche per la produzione di energia disperdono pollini tanto quanto le piante alimentari transgeniche, il che porta comunque alla contaminazione delle colture alimentari. Secondo le parole del principe Carlo d'Inghilterra nell'estate del 2008 (2) l'estensione delle manipolazioni genetiche, minaccia il "più grande disastro ambientale di tutti i tempi". Essendoci enormi profitti in ballo non c'è da stupirsi che le grandi compagnie petrolifere, automobilistiche e alimentari specializzate nella manipolazione genetica, studino collaborazioni: Volkswagen con ADM, una delle più grandi imprese trasformatrici di prodotti agricoli, ADM con il gigante Monsanto, Monsanto con BASF, DuPont con BP, BP con Toyota, Sasol con Chevron, Neste Oil con Volkswagen, Bayer e Syngenta (erbicidi e insetticidi) per altro anche indagate dal giudice Guariniello per il disastro delle api. Syngenta prevede di coltivare il mais transgenico esclusivamente per la produzione di energia.
Anche la ricerca scientifica viene asservita sempre più agli scopi delle multinazionali. Un esempio su tutti è fornito dal gigante del petrolio BP, che ha concluso nel novembre 2009 un accordo con l'Università della California a Berkeley per "la ricerca di energia sostenibile - un contratto per il quale BP ha versato la somma incredibile di 500 milioni di dollari. Questo è di gran lunga il più grande contributo mai dato alla ricerca pubblica nella storia degli Stati Uniti. Le piante destinate alla produzione di biocarburanti devono ottimizzate con la modificazione genetica per essere impiegate per la trasformazione in combustibili.
L'Europa non ha sufficiente terra coltivabile per soddisfare il suo fabbisogno di bio-combustibile. E allora cosa succede? Si va nei paesi poveri, che si vedono togliere il terreno agricolo pur avendo disperato bisogno di cibo. I biocarburanti stanno costringendo alla miseria paesi già poveri: per es. in Brasile il programma di produzione del biocarburante è considerato una priorità. E la canna da zucchero è una delle più remunerative materie prime per la produzione del bioetanolo. Centinaia di migliaia di piccoli contadini in Brasile o in Colombia sono già stati costretti a far posto a gigantesche piantagioni di canna da zucchero o di soia. Nel 2006, solo in Brasile, circa 40 000 famiglie sono state sfrattate o trasferite dalle loro terre, secondo la Pastorale cristiana ecumenica (CPT) (3). Ci sono 200.000 lavoratori immigrati, veri "schiavi dell' etanolo" in tutto il paese, che lavorano nelle piantagioni di canna da zucchero per 100$ al mese (4). Per quelli che si rifiutano di vendere la loro terra il rischio arriva sino alla morte. Nel giugno 2007, il quotidiano britannico "Sunday Times" ha segnalato l'assassinio del colombiano Innocence Dias, vittima dei paramilitari.
In un articolo pubblicato su "Correio Braziliense", Frei Betto, il teologo della liberazione brasiliana molto noto, si è dimostrato sconvolto dall'euforia nazionale e internazionale scatenata con i biocarburanti, perché li considera come "carburanti della morte"(5).
Il programma brasiliano per una rapida crescita nella produzione di bioetanolo ha un nome curioso: piano Pro-Alcohol. È l'orgoglio del governo. Nel 2009 il Brasile ha consumato 14 miliardi di litri di bioetanolo (e biodiesel) e ne ha esportati 4 miliardi.
Il capo di Stato, Lula da Silva ha investito molti miliardi di euro nel dirottamento di una parte del Rio Sao Francisco per irrigare le colture di biocarburanti nel nord-ovest del paese - a scapito delle popolazioni indigene tradizionali che vivono ai margini del fiume.
L'obiettivo del governo di Brasilia è quello di giungere ad esportare oltre 200 miliardi di litri, portando a 26 milioni di ettari la coltivazione della canna da zucchero. Nella lotta contro i giganti del bioetanolo, gli inermi indigeni brasiliani non hanno molte possibilità di vittoria.
Questo processo di monopolizzazione accresce le disuguaglianze e inasprisce la povertà nelle zone agricole e anche nelle città come conseguenza della migrazione dalle aree rurali. Inoltre, l'estromissione dei piccoli proprietari terrieri minaccia la certezza della presenza di cibo nelle campagne.
Lo sviluppo della produzione dell'"oro verde" basato su un modello di "agricoltura da esportazione" arricchisce in modo straordinario i baroni dello zucchero, ma impoverisce i piccoli agricoltori, i mezzadri e i "boiafrio" in maniera ancor più marcata.
Le società multinazionali che producono biocarburanti hanno convinto la maggioranza dell'opinione pubblica occidentale che l'energia prodotta dai vegetali sia l'arma miracolosa contro il peggioramento delle condizioni climatiche, ma questo è semplicemente falso, e dimentica del tutto i costi sociali, e i costi ambientali.
Non ultimo il problema dell'acqua. Per produrre un litro di bioetanolo sono necessari circa 4000 litri di acqua. Questo mentre l'acqua pulita sta diventando un bene sempre più raro. Una persona su tre nel mondo è costretta a bere acqua contaminata. Circa 9000 bambini sotto i dieci anni muoiono ogni giorno a causa dell'acqua con cui si dissetano, inadatta all'utilizzo alimentare. Secondo i dati dell'OMS, un terzo della popolazione mondiale non ha ancora accesso a un’acqua sana a prezzi abbordabili, e la metà della popolazione mondiale non ha possibilità di disporre di acqua pulita. Circa 285 milioni di persone vivono nell'Africa sub-Sahariana senza utilizzare con regolarità l’acqua pulita (6).
Ergo, considerando le riserve d'acqua esistenti al mondo, non ci vuole una laurea per capire che la produzione ogni anno di decine di miliardi di litri di biocarburante è un vero disastro.
Secondo il famoso libro del professor Ziegler (7), che parla proprio dei problemi nascosti dietro all'industria dei biocarburanti, tre sono i fattori principali che contribuiscono alla scarsità dei prodotti alimentari e al loro costante incremento dei prezzi:
- L'occupazione delle terre per la coltivazione della canna da zucchero e di altre piante, soprattutto negli Stati Uniti, che vengono destinate alla produzione di biocarburanti (etanolo) è una delle cause principali della scarsità di cibo, dal momento che i piccoli proprietari terrieri vengono privati della terra e che si riduce il cibo a disposizione di tutti
- la perdita di terre coltivabili a favore della produzione di biocarburanti ha contribuito e contribuisce all'incremento dei prezzi alimentari. Meno terra, meno cibo, e prezzi più alti
- la coltivazione per i biocarburanti causa gravi danni al terreno, anche se i promotori dichiarano a gran voce -ma falsamente- il contrario.
Non si riuscirà mai ad abbandonare l'auto a combustione se possiamo solo scegliere tra la coppia benzina/diesel e i biocarburanti. Per cambiare le cose solo una strada sembra -attualmente e facilmente possibile in attesa di future innovazioni: abbandonare il motore a combustione inefficiente e non eco-sostenibile e passare velocemente all'auto elettrica.
E poi passare interamente alle energie rinnovabili: un ettaro di pannelli solari è sufficiente ad alimentare 300 autovetture per un anno, mentre un ettaro di colza non copre nemmeno il bisogno di due automobili.
Tra le ragioni che fanno sì che non si scelga questa alternativa è che le auto elettriche non richiedono stazioni di servizio, ma solo punti di distribuzione. Le sette sorelle perderebbero tanto del loro potere (a parte quello derivante dal produrre energia elettrica che attualmente sfrutta in quantità e derivati petroliferi). Gli automobilisti potrebbero diventare più indipendenti magari installando impianti fotovoltaici sul tetto.
La tecnica necessaria all'auto elettrica è stata sviluppata da lungo tempo, è ormai matura ad essere industrializzata: praticamente tutti i costruttori hanno annunciato che possono mettere sul mercato auto elettriche confortevoli e performanti.
Vantaggi delle auto elettriche:
– Nessun gas di scarico
– Silenziosità
– Meno di 2 euro per 100 km di consumo energetico
– Indipendenza
– Riduzione dei conflitti per il petrolio
– Minor sfruttamento dei paesi poveri
– Autonomia dei paesi che possono utilizzare le proprie fonti di energia (rinnovabili).
Perchè il mondo a viva in pace e termini lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, ogni paese dovrebbe essere autosufficiente sul piano alimentare (eliminando sempre di più lo spreco di energia e il depauperamento del pianeta dovuto al consumo di carne) ed energetico. L'indipendenza alimentare ed energetica degli Stati e delle popolazioni dovrebbe diventare lo scopo del mondo futuro. Un paese indipendente in prodotti alimentari ed energia non avrebbe nessun interesse a tentare di sfruttarne un'altro.
NoteL'obiettivo del governo di Brasilia è quello di giungere ad esportare oltre 200 miliardi di litri, portando a 26 milioni di ettari la coltivazione della canna da zucchero. Nella lotta contro i giganti del bioetanolo, gli inermi indigeni brasiliani non hanno molte possibilità di vittoria.
Questo processo di monopolizzazione accresce le disuguaglianze e inasprisce la povertà nelle zone agricole e anche nelle città come conseguenza della migrazione dalle aree rurali. Inoltre, l'estromissione dei piccoli proprietari terrieri minaccia la certezza della presenza di cibo nelle campagne.
Lo sviluppo della produzione dell'"oro verde" basato su un modello di "agricoltura da esportazione" arricchisce in modo straordinario i baroni dello zucchero, ma impoverisce i piccoli agricoltori, i mezzadri e i "boiafrio" in maniera ancor più marcata.
Le società multinazionali che producono biocarburanti hanno convinto la maggioranza dell'opinione pubblica occidentale che l'energia prodotta dai vegetali sia l'arma miracolosa contro il peggioramento delle condizioni climatiche, ma questo è semplicemente falso, e dimentica del tutto i costi sociali, e i costi ambientali.
Non ultimo il problema dell'acqua. Per produrre un litro di bioetanolo sono necessari circa 4000 litri di acqua. Questo mentre l'acqua pulita sta diventando un bene sempre più raro. Una persona su tre nel mondo è costretta a bere acqua contaminata. Circa 9000 bambini sotto i dieci anni muoiono ogni giorno a causa dell'acqua con cui si dissetano, inadatta all'utilizzo alimentare. Secondo i dati dell'OMS, un terzo della popolazione mondiale non ha ancora accesso a un’acqua sana a prezzi abbordabili, e la metà della popolazione mondiale non ha possibilità di disporre di acqua pulita. Circa 285 milioni di persone vivono nell'Africa sub-Sahariana senza utilizzare con regolarità l’acqua pulita (6).
Ergo, considerando le riserve d'acqua esistenti al mondo, non ci vuole una laurea per capire che la produzione ogni anno di decine di miliardi di litri di biocarburante è un vero disastro.
Secondo il famoso libro del professor Ziegler (7), che parla proprio dei problemi nascosti dietro all'industria dei biocarburanti, tre sono i fattori principali che contribuiscono alla scarsità dei prodotti alimentari e al loro costante incremento dei prezzi:
- L'occupazione delle terre per la coltivazione della canna da zucchero e di altre piante, soprattutto negli Stati Uniti, che vengono destinate alla produzione di biocarburanti (etanolo) è una delle cause principali della scarsità di cibo, dal momento che i piccoli proprietari terrieri vengono privati della terra e che si riduce il cibo a disposizione di tutti
- la perdita di terre coltivabili a favore della produzione di biocarburanti ha contribuito e contribuisce all'incremento dei prezzi alimentari. Meno terra, meno cibo, e prezzi più alti
- la coltivazione per i biocarburanti causa gravi danni al terreno, anche se i promotori dichiarano a gran voce -ma falsamente- il contrario.
Non si riuscirà mai ad abbandonare l'auto a combustione se possiamo solo scegliere tra la coppia benzina/diesel e i biocarburanti. Per cambiare le cose solo una strada sembra -attualmente e facilmente possibile in attesa di future innovazioni: abbandonare il motore a combustione inefficiente e non eco-sostenibile e passare velocemente all'auto elettrica.
E poi passare interamente alle energie rinnovabili: un ettaro di pannelli solari è sufficiente ad alimentare 300 autovetture per un anno, mentre un ettaro di colza non copre nemmeno il bisogno di due automobili.
Tra le ragioni che fanno sì che non si scelga questa alternativa è che le auto elettriche non richiedono stazioni di servizio, ma solo punti di distribuzione. Le sette sorelle perderebbero tanto del loro potere (a parte quello derivante dal produrre energia elettrica che attualmente sfrutta in quantità e derivati petroliferi). Gli automobilisti potrebbero diventare più indipendenti magari installando impianti fotovoltaici sul tetto.
La tecnica necessaria all'auto elettrica è stata sviluppata da lungo tempo, è ormai matura ad essere industrializzata: praticamente tutti i costruttori hanno annunciato che possono mettere sul mercato auto elettriche confortevoli e performanti.
Vantaggi delle auto elettriche:
– Nessun gas di scarico
– Silenziosità
– Meno di 2 euro per 100 km di consumo energetico
– Indipendenza
– Riduzione dei conflitti per il petrolio
– Minor sfruttamento dei paesi poveri
– Autonomia dei paesi che possono utilizzare le proprie fonti di energia (rinnovabili).
Perchè il mondo a viva in pace e termini lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, ogni paese dovrebbe essere autosufficiente sul piano alimentare (eliminando sempre di più lo spreco di energia e il depauperamento del pianeta dovuto al consumo di carne) ed energetico. L'indipendenza alimentare ed energetica degli Stati e delle popolazioni dovrebbe diventare lo scopo del mondo futuro. Un paese indipendente in prodotti alimentari ed energia non avrebbe nessun interesse a tentare di sfruttarne un'altro.
1) Dichiarazione di Florian Siegert dell'Università di Munich su ARD-Politmagazin [rivista politica ARD, 2 ° canale pubblico tedesco, audio] "Report München", marzo 2007 www.br-online.de/daserste/report/archiv/2007/00372
2) "Daily Telegraph" del 12 agosto 2008 www.telegraph.co.uk/earth/main/jhtml?xml-/earth/2008/08/12. Finora piante transgeniche per uso commerciale non hanno fornito un rendimento migliore rispetto a colture convenzionali, al contrario, le piante transgeniche sono spesso più inclini alle malattie rispetto ad altri e costituiscono quindi la prima causa di scarsi raccolti.
3) www.regenwald.org/regenwaldreport.php7artids223
4) "The Guardian" del 9 marzo 2007: www.guardian.co.uk/international/story/0 "2.029.908.00.html
5) www.regenwald.org/news.php?id=760
6) 248 milioni di persone nell'Asia meridionale si trovano nella stessa situazione, 398 milioni nell'Asia orientale, 180 milioni nell'Asia del sud e Pacifico orientale, 92 milioni nell'America Latina e nei Caraibi e 67 milioni nei paesi arabi.
7) Jean Ziegler, ex professore di sociologia all'Università di Ginevra e alla Sorbona, a Parigi, è membro dell’UN Human Rights Council’s Advisory Committee, con competenza in diritti culturali, sociali ed economici. Nel periodo 2000-2008, Ziegler è stato relatore speciale dell'ONU sul diritto all'alimentazione. Nel Marzo 2008 è stato eletto membro dell'UN Human Rights Council’s Advisory Committee. Un anno dopo, l’Human Rights Council ha deciso, per acclamazione, la rielezione di Jean Ziegler come membro dell'Advisory Committee, carica che ricopre tuttora con scadenza 2012. Nell'Agosto 2009, i membri dell'Advisory Committee lo hanno elettro come vice presidente del forum.
Per approfondire
INFIAMMARE LA FAME NEL MONDO: COME L'INDUSTRIA GLOBALE DEI BIOCOMBUSTIBILI STA CAUSANDO UNA DISTRUZIONE DI MASSA
4) "The Guardian" del 9 marzo 2007: www.guardian.co.uk/international/story/0 "2.029.908.00.html
5) www.regenwald.org/news.php?id=760
6) 248 milioni di persone nell'Asia meridionale si trovano nella stessa situazione, 398 milioni nell'Asia orientale, 180 milioni nell'Asia del sud e Pacifico orientale, 92 milioni nell'America Latina e nei Caraibi e 67 milioni nei paesi arabi.
7) Jean Ziegler, ex professore di sociologia all'Università di Ginevra e alla Sorbona, a Parigi, è membro dell’UN Human Rights Council’s Advisory Committee, con competenza in diritti culturali, sociali ed economici. Nel periodo 2000-2008, Ziegler è stato relatore speciale dell'ONU sul diritto all'alimentazione. Nel Marzo 2008 è stato eletto membro dell'UN Human Rights Council’s Advisory Committee. Un anno dopo, l’Human Rights Council ha deciso, per acclamazione, la rielezione di Jean Ziegler come membro dell'Advisory Committee, carica che ricopre tuttora con scadenza 2012. Nell'Agosto 2009, i membri dell'Advisory Committee lo hanno elettro come vice presidente del forum.
Per approfondire
Nessun commento:
Posta un commento