IL MONDO E' COME UNO SPECCHIO

Osserva il modo in cui reagisci di fronte agli altri. Se scopri in qualcuno una qualità che ti attrae, cerca di svilupparla in te stesso. Se invece osservi una caratteristica che non ti piace, non criticarla, ma sforzati piuttosto di cancellarla dalla tua personalità. Ricorda che il mondo, come uno specchio, si limita a restituirti il riflesso di ciò che sei.

mercoledì 21 marzo 2012

LICENZIARE GLI ITALIANI

Riforma del lavoro shock: oltre all'art.18 il Governo elimina la mobilità. Altro che reddito minimo o di cittadinanza! Ora per i lavoratori oltre i 50 anno c'erano 3 anni di mobilità. Diventeranno 12 mesi! Cosa farà un lavoratore di 50 anni licenziato (e per cui non ci sono più opportunità) che deve lavorare ancora fino a 67 anni (e poi diventerà di più)?. Non ci sono parole di fronte a questo sfacelo sociale. Queste è pura politica neoliberista. Altro che governo tecnico.
"E’ davvero imbarazzante l’atteggiamento del governo Monti, a fronte di un’Italia che sta vivendo una sofferenza, un disagio straordinario. Di fronte a notizie di suicidi di chi non riesce a trovare lavoro, di fronte alla disperazione di un’intera generazione di ragazzi e ragazze, assediata dalla precarietà. L’unica ossessione del governo Monti è quella di recidere il legame con la nostra cultura democratica. Cancellare l’articolo 18, manipolarlo, deformarlo, significa semplicemente portare lo scalpo della civiltà del lavoro presso i potentati della finanza internazionale”. Lavoro: Vendola, inaccettabile cancellare o manipolare articolo 18
Da: Informare per resistere
Appello degli avvocati: 
L’articolo diciotto: le verità nascoste
Da Il Fatto Quotidiano del 21-2-2012
Camusso: "Agire prima di assistere a espulsioni di massa dalle aziende"
Landini: “La riforma non riduce la precarietà, non estende gli ammortizzatori, ma rende più facili i licenziamenti – sostiene – La riforma sarà contrastata con ogni mezzo e con ogni forma di protesta democratica nelle fabbriche e nel Paese”. Ancora più chiara l’immagine che offre il segretario confederale (e uno dei “negoziatori” della Cgil al tavolo del governo) Fulvio Fammoni: ”Abbiamo il dovere di portare a casa dei risultati prima che si avvii un biennio di espulsioni di massa nelle aziende”




L'OBBIETTIVO DI MONTI E NAPOLITANO E' LICENZIARE GLI ITALIANI
di Eugenio Orso

Ormai la cosa dovrebbe essere chiara anche ai più distratti: l’obbiettivo di Monti e Napolitano, reggitori per conto terzi del paese fra i quali c’è unità d’intenti e una complicità di fondo, è quello di fare degli italiani un popolo di disoccupati, sempre meno sostenuti dai vecchi ammortizzatori sociali, sempre meno difesi da leggi sul lavoro e da contratti di lavoro equilibrati.
I due lo possono fare senza correre troppi rischi perché riportano soltanto ai loro capi, che risiedono altrove, a Bruxelles, Francoforte, Londra, New York, e non devono in alcun modo rendere conto al popolo italiano delle loro azioni.
Chi si ricorda la lettera della BCE, inviata da Trichet e Draghi all’allora esecutivo Berlusconi e contenente le misure richieste all’Italia per “salvare l’euro”, per “ridiventare competitiva”, per incamminarsi sulla strada impervia ed accidentata della crescita neocapitalistica?
La missiva, inizialmente “riservata” e datata 5 agosto 2011, è stata poi pubblicata, il 29 di settembre, dal Corsera, suscitando qualche clamore.
Perché il Corsera ha potuto pubblicare una missiva riservata, che conteneva i desiderata della classe globale e imponeva un futuro di lacrime e sangue a tutta la penisola?
Perché si stava già preparando il terreno per il dopo Berlusconi, per il governo fantoccio del grande capitale finanziario e per l’accelerazione della “ristrutturazione” del paese in senso ultraliberista.
Importante rilevare che in quella letterina era riassunto il programma dell’attuale governo Monti – Napolitano, e il primo gruppo di misure da imporre all’Italia, di cui al punto 1 della missiva, riguardava, appunto, la Crescita neocapitalistica, per innescare la quale si richiedeva, oltre alle famigerate liberalizzazioni, di “distruggere il contratto collettivo nazionale di lavoro (e con esso le garanzie residue per i lavoratori stabili) privilegiando i livelli di contrattazione in cui il lavoratore è più debole ed esposto ad ogni sorta di ricatto, e imporre la libertà di licenziamento indiscriminato per flessibilizzare definitivamente il fattore-lavoro.” [Eugenio Orso, La lettera globale, post pubblicato in Pauperclass e da ComeDonChisciotte]
Imporre una certa libertà di licenziamento nel paese faceva parte del diktat globalista che conteneva già l’essenziale di quel programma che oggi Monti sta diligentemente applicando, con l’appoggio incondizionato (e neppure troppo sottilmente anticostituzionale) del suo complice Napolitano.
Dopo una lenzuolatina di liberalizzazioni che hanno toccato le lobby meno intoccabili e più sacrificabili (come i tassinari, che non sono il principale problema dell’Italia, come si è cercato di far credere), si arriva al dunque, cioè alla fase finale di flessibilizzazione del fattore-lavoro.
Dietro all’attacco finale al lavoro, che deve essere rapidamente privato di ogni forma di concreta tutela, c’è molto di più della semplice tensione per una rapida riduzione dei costi di produzione (identificati furbescamente con quello generato dal lavoro), della conclamata necessità dell’aumento della produttività, e della (peraltro dubbia) volontà di attrarre i capitali stranieri in Italia con una maggior flessibilità “in uscita” imposta ai lavoratori.
Dietro l’attacco finale al lavoro c’è un progetto antropologico per ridurre l’uomo, nei contesti produttivi, a mero fattore-lavoro disumanizzato, al pari delle materie prime, dei semilavorati, dei prodotti energetici utilizzati nel ciclo produttivo (anzi, meno importante di questi ultimi, il cui costo tende ad aumentare), e per creare una neoplebe adatta a vivere, senza ribellarsi e creare troppi problemi, nei contesti culturali e sociali del nuovo capitalismo.
Controriformando il mercato del lavoro, privando delle tutele storiche i lavoratori fino ad ora “stabilizzati”, Monti, la sua segretaria Fornero e il suo compagno di merende Napolitano, contribuiscono a portare a compimento il progetto antropologico globalista, imposto dai dominanti.
Arrivando al merito dell’ultima controriforma montiana, alla quale la CGIL della Camusso non ha potuto pubblicamente aderire, per evitare di suicidarsi “in diretta” con un colpo alla tempia, notiamo che non c’è soltanto la neutralizzazione dell’articolo 18 della legge 300, ma ci sono altre misure che flessibilizzano il fattore lavoro, compromettendone le tutele e preparando il terreno per le future riduzioni delle paghe.
Il nuovo sistema riguardante gli ammortizzatori sociali, da attivare non subito ma nel 2017, prevede l’eliminazione dell’indennità di mobilità nel caso di licenziamenti collettivi (una cosa in meno), introduce l’ASPI (assicurazione sociale per l’impiego) che fungerà da indennità di disoccupazione, coprirà il 75% della retribuzione lorda fino a 1.150 euro lordi, ma si ridurrà inesorabilmente dopo i primi sei mesi, ed esclude la cassa integrazione se non è previsto il rientro in azienda dei lavoratori (altra garanzia in meno).
Si introduce un misero fondo di solidarietà per i lavoratori anziani che perderanno il lavoro a pochi anni dalla pensione, ma su base assicurativa, e con qualche misura raffazzonata e poco importante, si finge di stringere sulla precarietà (contributo aggiuntivo dell’1,4% per i contratti a termine) che invece resterà e si diffonderà ulteriormente, perché non ci si sogna neppure di abolire il complesso delle norme che l’hanno introdotta ed estesa.
Ma il punto dolente, centrale nella controriforma ultraliberista affidata all’impiegato Monti e alla sua segretaria Fornero, è la “manomissione” dell’articolo 18 della legge 300, prevedendo il reintegro nel posto di lavoro per i soli licenziamenti definiti discriminatori, che erano, sono e saranno abbastanza rari, e per gli altri casi, che invece saranno i più frequenti in assoluto, prevedendo un semplice indennizzo se lo deciderà il giudice.
I licenziamenti per motivi economico-organizzativi (chiusure, reengineering, eccetera), in quanto “giustificato motivo oggettivo” non potranno più essere messi in discussione, se non si potrà legalmente reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.
Se è improbabile che si arrivi al licenziamento per discriminazione razziale o religiosa, è molto più facile dichiarare uno stato di crisi economica e riorganizzare le unità produttive, magari al solo scopo di liberarsi di una parte della forza-lavoro, giudicata “troppo costosa”, e se del caso riassumendo in seguito qualcuno degli espulsi a condizioni peggiori per il lavoratore.
I licenziamenti non discriminatori, dovuti ad uno stato di crisi e alla necessità di riorganizzare, secondo la disgustosa retorica di tutti quelli che sostengono il governo affidato dai globalisti a Monti-Napolitano, serviranno essenzialmente per:
1) “Licenziare i fannulloni”. Una sorta di colpevolizzazione preventiva delle vittime da sacrificare sull’altare del profitto, per dirla tutta sbrigativamente.
2) “Attrarre gli investimenti stranieri”, grazie all’introduzione della flessibilità in uscita. Leggi ampia libertà di licenziare, indipendentemente dall’afflusso di capitali dall’estero.
3) Garantire la “competitività” del paese nel sovraffollato e concorrenziale spazio globale. Ma ciò che si vuole veramente, e non si dichiara apertamente, è comprimere al massimo, in tempi brevi, il costo del lavoro, “cinesizzando” il fattore-lavoro in Italia.
Riassumendo ancor di più, il licenziamento libero, data la relativa facilità di dichiarare stati di crisi ed attivare riorganizzazioni aziendali, è ormai alle porte, e servirà (a) per creare una grande massa di lavoratori a basso costo, ricattabilissimi, disposti ad accettare qualsiasi imposizione da parte del capitale pur di poter lavorare, nonché (b) per accelerare la mutazione antropologica della popolazione italiana in neoplebe, facilmente gestibile dagli agenti strategici di questo capitalismo.





E' stato pubblicato un nuovo commento al tuo articolo "http://pauperclass.myblog.it/archive/2012/03/21/l-obbiettivo-di-monti-e-napolitano-e-licenziare-gli-italiani.html" sul blog PAUPER CLASS:
"Ringraziando Maurizio Sabbadini colgo l’occasione per qualche precisazione in merito:
1) Monti, che sembra favorire con la sua azione il “padronato” a scapito dei dipendenti, in verità non ha il mandato di provvedere allo Sviluppo (e alla difesa) degli apparati produttivi nazionali, perché obbedisce a direttive esterne che sono in primo luogo e per loro natura finanziarie, e che comunque tutelano non gli interessi nazionali (sia pur in senso capitalistico), ma gli interessi della classe dominante globale. Monti sa bene che “liberare il mostro” dei licenziamenti diffusi non fermerà le delocalizzazioni, non necessariamente porterà in Italia grandi masse di capitali stranieri, non fermerà la “fuga di cervelli” verso l’estero e non estenderà le cosiddette produzioni avanzate, di nicchia, ad alta intensità di capitale. Monti deve “aprire” l’Italia al Mercato, e distruggere i residui del peculiare sub-modello capitalistico nostrano, di economia mista, per realizzare una totale aderenza ai precetti neoliberisti.
2) La libertà di licenziamento senza possibilità di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro riguarda anche il caso dei licenziamenti di singoli lavoratori per provvedimenti disciplinari, del quale non ho parlato nel mio post. E’ una cosa importante ed è una spiacevole dimenticanza non averla discussa brevemente, perché, da come la vedo io, rappresenta un modo subdolo ed indiretto per “sdoganare” e diffondere forme di mobbing, ed autentici ricatti a danno della parte più debole, negli ambienti di lavoro. Monti questo non può ignorarlo, e quindi è doppiamente colpevole.

Eugenio Orso"


Da "Informare per resistere!" del 22-3
Se Monti ottiene la fiducia è un colpo di stato, la dittatura della P2, il neo fascismo capitalista. Senza concertazione siamo sudditi del re profitto
Se Monti dice che la concertazione è finita significa che è finita la democrazia e lo stato di diritto, è dittatura. Un governo che decide quando lavori e per quanto lavori, taglia le pensioni, impone le tasse, aumenta la benzina e ti programma un futuro al servizio del profitto di pochi sulla miseria dei tanti è fascismo.
Se non posso trattare, concertare e partecipare alle decisioni divento un suddito e non un cittadino.
Non mi resta che la rivolta per fame, la rivoluzione no perchè presuppone un movimento ideologico che non c’è più.
la propaganda del regime piduista ha ammazzato anche l’ideologia.
Io non sono più un pensionato che ha lavorato per 43 anni con i suoi diritti ed i suoi doveri, non ho più diritto di parola e di pensiero, mi si toglie la possibilità di trattare e di dire la mia perchè, come dice Monti, la concertazione è finita.
Mi taglia la pensione e non posso dire e fare niente perchè me la taglia alla fonte, mi impone tasse dirette e me le trattiene alla fonte, mi impone tasse indirette con l’aumento dei servizi, della benzina, del costo della vita e della svalutazione del mio reddito ed io non posso dire niente perchè la concertazione è finita.
Non è la concertazione è la democrazia che è finita, la Costituzione viene calpestata perchè vengono tolti i diritti di cittadinanza a tutti i lavoratori, pensionati, precari e disoccupati e, come ho scritto della Merkel che è riuscita là dove è fallito Hitler con i carri armati e cioè ad imporre la grande Germania che si mangia la Grecia, il Portogallo e adesso pure l’Italia.
La dittatura capitalistica finanziaria parassita ha imposto il suo regime, l’Unione europea al servizio delle banche e degli speculatori ci mette in conto la crisi economica provocata da loro stessi e ci toglie ogni diritto di cittadinanza, da oggi siamo sudditi del profitto e della nuova nobiltà rappresentata dalla politica complice, dalle banche, dalla finanza parassita sfruttatrice.
Mi si impone lo stipendio per decreto, si tagliano pensioni e stipendi acquisiti per decreto, si impongono gabelle e tasse per decreto ed io non posso trattare, concertare, niente.
Secondo Monti devo solo subire e stare zitto e ci si mette pure Napolitano dicendo che il momento è difficile e tutti dobbiamo rinunciare a qualcosa, questa è una pugnalata alla Democrazia.
Io devo rinunciare per decreto la minoranza che detiene il 48% della ricchezza nazionale dovrebbe rinunciare per volontariato, ovvio che non lo farà mai.
Questa nuova nobiltà parassita e finanziaria non viene toccata da una patrimoniale come si deve, le lobbies non vengono toccate, i finanziamenti ai partiti nemmeno, un fascismo finanziario che di democratico non ha niente ed irrispettoso della costituzione là dove dice che ognuno deve dare in base alle sue possibilità.
L’economia ha ucciso la politica e la politica ha tradito i suoi elettori, di equità fiscale non ne è rimasta nemmeno l’ombra ed il decisionismo di Monti è di stampo fascista se non piduista, il popolo è diventato suddito e subisce tutto per decreto senza poter dire al sua o trattare la benchè minima cosa, il governo va avanti lo stesso.
Lo stesso decisionismo Monti non l’ha dimostrato con le lobbies, con le banche, con il 10% di italiani che detengono il 48% della ricchezza nazionale ai quali dobbiamo aggiungere gli evasori e la malavita organizzata, ciò significa che per gli italiani onesti che non sono il 90% dei rimanenti, da questa percentuale dobbiamo togliere gli evasori e la malavita organizzata ed ovviamente tutti i politici di supporto al regime.
Non sono uno statistico ma sarebbe interessante una ricerca sul tema, quanti sono gli evasori e quanti sono i mafiosi, i camorristi e gli ‘ndranghetisti, diciamo che il 60% degli italiani onesti, o impotenti in quanto sudditi, che rimangono devono vivere con il 20% di ricchezza nazionale che rimane.
Il 10% di italiani parassiti ha il 40/48% della ricchezza nazionale, un 15/20% è appannaggio degli evasori, un 20/25% della ricchezza è in mano alla malavita organizzata ed un 5% alla politica fiancheggiatrice.
Fatto 100 della ricchezza nazionale e tenendo per buone le cifre più basse 40+15+20+5 fa 80, significa che il 60% di italiani onesti deve vivere con il 20% della ricchezza nazionale e pagarci le tasse imposte dal governo senza nessuna concertazione.
Forse la maggioranza degli italiani sudditi del profitto non se ne rende conto ma questo è un invito alla rivolta, come ho scritto all’inizio, ed è la cosa più pericolosa in quanto priva di strategia e di testa, una rivolta per fame incontrollabile che diventa guerra tra poveri.
La rivoluzione no, perchè richiede un movimento ideologico e l’ideologia è stata ammazzata da trent’anni di qualunquismo, dalla propaganda di regime, dalla strategia della P2 che ha occupato televisioni, giornali, radio e sommerso nel fango politica buona e quella corrotta con particolare riguardo a quella buona che andava sputtanata più di quella corrotta per indurre i sudditi al rifiuto della politica, al disimpegno, al voto di protesta, all’astensionismo, alla scheda bianca per agevolare ancora di più il colpo di stato strisciante iniziato dalla P2 e concluso dai professori al servizio della finanza, delle banche e dei parassiti.
Per i giovani, disamorati dalla politica, non resta che una vita da precario al servizio del profitto con tempi, modi e stipendi stabiliti per decreto come le imposte dirette ed indirette senza nessun diritto di cittadinanza e di democrazia.
Una vita passata da suddito a subire le imposizioni della finanza parassita e speculatrice.
Questo è il vostro futuro, senza concertazione, trattativa, confronto non c’è democrazia ed i partiti che appoggeranno questo decreto si confermeranno come fascisti, Pd compreso, Napolitano firmando questo decreto si renderà complice del colpo di stato, dello stravolgimento della costituzione e della perdita della democrazia rappresentativa.
Chiunque abbia un ruolo istituzionale, voglia difendere la costituzione e la democrazia, il Presidente della Repubblica in primis avrebbe dovuto bloccare, impedire, far dimettere il professor Monti nel momento stesso in cui ha pronunciato quella frase: la concertazione è finita.
Perchè questo non significa che il governo deve governare, significa che la democrazia è morta perchè il governo non governa nell’interesse del popolo e nell’equità ma al servizio dei potentati, dell’economia parassita, delle banche e della speculazione.
Significa che dal 22 marzo 2012 il cittadino non è più un cittadino ma è un suddito del capitalismo parassita e senza nessun diritto.
Se a voi sta bene procedete pure, a me non sta bene.
Il sapere, anche senza speranza, è da anteporre all’ignoranza che si nutre di illusioni e falsità.
Io non ho speranze ma voi, mi rivolgo alla maggioranza silenziosa e passiva, vi avviate al suicidio democratico e dei vostri diritti, alla sudditanza passiva al servizio del re profitto.
Il nuovo imperatore globale che genere solo disuguaglianze e miseria.
Che differenza c’è tra il discorso di Monti e quelli del duce? Che Monti non ha detto Dio, patria e moschetto, ma il regime è lo stesso che ha tolto i diritti agli italiani per un ventennio.
Bersani, non me ne frega niente sel il Pd si spacca, non potete votare la fiducia ad un governo fascista in mano ai colonnelli della finanza.


Il velo strappato
da Repubblica del 21-3 "Qualunque crisi aziendale sarà regolata con i licenziamenti per motivi economici, al "prezzo" di un indennizzo che costerà poco più di un qualunque pre-pensionamento. In un sistema produttivo che investe sempre meno e che già ora tende a far pagare ai più deboli il conto della crisi" questo è gravissimo. A dirlo è Giannini su Repubblica, non Landini! Rendiamoci conto! Landini comunque lo dice oggi....

Monti, Marchionne e l’estremismo liberista
di Lelio Demichelis

Con il mercato, contro i lavoratori. Mentre il governo si appresta a riformare l’articolo 18, Mario Monti sposa il Marchionne pensiero: “Chi gestisce la Fiat ha il diritto e il dovere di scegliere per i suoi investimenti e per le sue localizzazioni le soluzioni più convenienti”. Parole che svelano l'illusione del governo "tecnico". Ricordandoci la grande differenza che c'è tra politiche liberiste e liberali.

A proposito della trattativa sull’articolo 18 (davvero un momento sempre più epocale per la storia dell’Italia e nei prossimi secoli si distinguerà ancora tra un prima e un dopo riforma dell’articolo 18!) Mario Monti ha detto alle parti sociali che tutti dovrebbero rinunciare a qualcosa. Teoricamente una richiesta di grande buon senso, di solito in una trattativa ci si comporta così; ma questo accade davvero solo se le parti del contratto/accordo sono in posizione paritaria, con uguali diritti e uguali doveri e se cedono cose comparabili.

Nel caso dell’articolo 18 questo però non accade, perché gli industriali sono oggettivamente più forti (avendo Monti di fatto e comunque dalla loro parte, tanto da tributargli, a Milano, il 17 marzo, un’ovazione) e i sindacati sono più deboli; ma soprattutto perché da una parte (i sindacati, ma soprattutto la Cgil, perché Cisl e Uil hanno rinunciato da tempo a difendere davvero i diritti, vedi Fiat) si difendono appunto i diritti (ma i diritti, o sono diritti uguali e universali, oppure non sono diritti), dall’altra, Monti e Confindustria difendono invece le ragioni (presunte o meglio supposte razionali) dell’economia e della globalizzazione.

Ma Mario Monti ha detto una cosa ben più grave (anche se poi in parte smentito dal ministro Fornero), che lo ha di fatto confermato – se qualcuno aveva dei dubbi o sperava o si illudeva che fosse davvero un tecnico apolitico – come estremista del mercato. Un liberista, Mario Monti – e i liberisti sono strutturalmente, intrinsecamente estremisti (tutti gli ideologi lo sono), vivendo appunto per la e nella loro ideologia e confondendo deliberatamente e ostinatamente – ma funzionalmente a ciò che vogliono ottenere – la teoria con la realtà e pre-tendendo di piegare la vita reale delle persone e la stessa realtà alle astrattezze delle teorie (appunto, dell’ideologia).

Parlando di Marchionne, Monti ha infatti detto: “chi gestisce la Fiat ha il diritto e il dovere di scegliere per i suoi investimenti e per le sue localizzazioni le soluzioni più convenienti”. Comportandosi cioè, Mario Monti, in modo opposto ad Obama, che invece ha fatto di tutto per salvare l’industria automobilistica americana. Dimenticando – sempre Mario Monti (cosa grave, essendo oggi a capo del governo) – che la Costituzione italiana dice e prescrive: all’articolo 2, l’adempimento degli “inderogabili doveri di solidarietà anche economica e sociale”; all’articolo 4 e all’articolo 35, il “diritto al lavoro”; all’articolo 41, che l’iniziativa economica privata è sì libera, ma che non può svolgersi “in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla libertà e alla dignità umana” e che la legge deve determinare “i programmi e i controlli perché l’attività economica possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

Dimenticando anche, sempre Mario Monti, che la Dichiarazione di Filadelfia (1944) dell’Organizzazione internazionale del lavoro impone di non considerare mai il lavoro come una merce. Dimenticando ancora, sempre Monti, che un vero liberale come William Beveridge scriveva, nel 1942, che “il mercato del lavoro dovrebbe essere sempre un mercato favorevole al venditore (al lavoratore) anziché al compratore (all’impresa/imprenditore)” e questo perché il lavoratore è sempre e comunque (solo i liberisti pensano il contrario) la parte debole del rapporto di lavoro e del mercato del lavoro. E questo, Beveridge lo scriveva appunto nel 1942, quando la crisi era drammaticamente più pesante di quella di oggi.

Dunque, il governo Monti non è governo tecnico. Dirlo/crederlo è solo una finzione/illusione. Il suo è un governo squisitamente politico e politico nel senso della piena continuità con le politiche neoliberiste che hanno prodotto questa crisi. Politico nel senso che persegue e prosegue, in nome del mercato e delle sue leggi, una biopolitica neoliberista di riduzione dei diritti sociali del lavoro e dei lavoratori (diritti sociali che soli, possono garantire una cittadinanza de facto), affinché si indeboliscano anche quelli politici e civili (ovvero di cittadinanza de jure) e si produca un’azione disciplinare nel lavoro e nella vita delle persone. Mentre nulla si fa, in Italia e in Europa, contro i mercati e la finanza responsabili della crisi; anzi l’Italia ha riammesso le vendite allo scoperto in borsa.

I diritti sono riconosciuti da Monti a Marchionne (diritti assoluti, di fare e disfare a piacimento), ma sono negati ai lavoratori (articolo 18, ma anche ai lavoratori della Fiat, cui viene negato il diritto di scegliere il sindacato che vogliono – ma su questo Monti appunto tace: evidentemente il diritto sociale e politico alla libertà sindacale deve passare in secondo piano rispetto alla libertà assoluta del mercato). E quindi, appunto, Mario Monti non è un liberale e non è un tecnico. E dunque – è utile ricordarlo – tra liberali e liberisti c’è una grande differenza (e appunto, Beveridge era un liberale, non un liberista).

La controversia aveva coinvolto già Luigi Einaudi e Benedetto Croce, molto tempo fa. Croce sosteneva che il liberalismo appartenesse alla sfera morale e rappresentasse il luogo della libertà, mentre il liberismo apparteneva alla sfera economica ed era qualcosa di assai simile a un’ideologia. Einaudi sosteneva invece che la libertà economica fosse la condizione necessaria della libertà politica (sbagliando: la storia lo ha smentito più volte). Liberalismo dovrebbe significare la rivendicazione della libertà e soprattutto dell’autonomia dell’individuo. E’ un atteggiamento morale e intellettuale che richiede una libertà intesa come capacità di obbedire a norme razionali che nascono dall’uomo stesso (auto-nomia). Liberismo significa invece credere che la libertà dell’uomo sia solo o soprattutto quella economica, legata al profitto, cui l’uomo deve subordinarsi (etero-nomia).

Aggiornando la questione all’oggi, liberale dovrebbe essere chi si oppone a qualsiasi potere (compreso il mercato) che voglia comprimere la libertà dell’individuo, che voglia minarne l’autonomia assoggettandolo a leggi o a logiche ferree e quindi immodificabili (come le leggi, supposte appunto naturali e quindi immodificabili, del mercato); liberista è chi invece ritiene che l’individuo sia un pezzo di un ingranaggio/meccanismo più grande di lui, appunto il mercato, regolato da leggi fatte credere come naturali e da assecondare nel loro naturale svolgersi, regolando naturalmente le azioni e i comportamenti degli uomini.

Liberale dovrebbe essere chi non transige sulla difesa dei diritti (politici, civili e anche sociali, premessa, questi ultimi perché possano esistere davvero e de facto quelli civili e politici) dell’uomo (e anzi, in quanto davvero liberale, li vorrebbe continuamente ampliare); diritti che considera inalienabili e indisponibili (se non lo fossero, verrebbero meno la libertà e l’autonomia dell’individuo), non cedibili e non barattabili nemmeno in cambio di un lavoro; liberista è invece chi ritiene che anche i diritti possano/debbano diventare merce e che quindi si possa essere ingiustamente licenziati purché si abbia un sufficiente indennizzo, è chi crede che facilitando i licenziamenti si crei più occupazione, chi accusa i sindacati di difendere troppi privilegi ma nulla dice a proposito dello scandalo delle imprese italiane che da anni sfruttano la flessibilità del lavoro per non innovare e per non investire in R&S (anche su questo, Monti tace).

L’Europa vive da troppi anni in una sorta di sconcertante coazione a ripetere neoliberista. Dimenticata la sua economia sociale di mercato e il suo liberalismo radicale e riformista, l’Europa non riesce a capire che il liberismo la sta uccidendo; e dunque propone ancora, ostinatamente: tagli alla spesa pubblica (quando servirebbero investimenti pubblici in infrastrutture e reti), licenziamenti (quando aumenta la disoccupazione), tagli alle pensioni (quando le pensioni già si impoveriscono), obbligo di andare in pensione più tardi (togliendo spazio ai giovani), riduzione delle tutele sociali e diffusione di ulteriore insicurezza (in un corpo sociale già indebolito e insicuro). Politiche insostenibili dal punto di vista sociale. Ma coerenti con l’ideologia neoliberista, antisociale per ideologia.

E’ allora tempo – se proprio non si vuole dare ascolto e ragione alla sinistra radicale e ai no-global o agli Occupy Wall Steet (che hanno ragione su tutta la linea) – che l’Europa torni urgentemente almeno al liberalismo. Per non dover morire neoliberista. Dunque, ancora William Beveridge. Autore del Piano che porta il suo nome, base dei sistemi sociali europei del dopoguerra. Scopo di una politica liberale, per Beveridge era quello di liberare la società dal bisogno. Per questo occorreva ampliare i diritti sociali (il neoliberismo li riduce, complice anche certa parte della sinistra) – diritti sociali maggiori (non minori) soprattutto in tempi di crisi quale premessa per rafforzare le istituzioni democratiche (il neoliberismo invece le indebolisce in nome della supremazia del mercato, indebolendo la democrazia e la libertà e la tanto auspicata coesione sociale).

Le sue proposte liberali si basavano sul perseguimento della piena occupazione (il neoliberismo produce invece disoccupazione); su sistemi previdenziali e assicurativi pubblici (il neoliberismo li privatizza e li rende sempre meno universalistici); sulla re-distribuzione dei redditi (il neoliberismo ha prodotto il contrario, aumentando le disuguaglianze sociali ed economiche); su un accrescimento (e non sulla diminuzione) del ruolo dello Stato in economia; su una stabilizzazione dell’occupazione (il neoliberismo la precarizza e la destabilizza in nome della mobilità, della flessibilità e dando l’illusione di poter essere tutti creativi, mobili, imprenditori di se stessi).

Possibile e sperabile uscire dal liberismo e tornare almeno al vecchio e saggio liberalismo alla Beveridge? Non ci basterà (non dovrà bastarci); e non basterà per uscire dalla crisi; ma sarebbe almeno un primo passo avanti.

(19 marzo 2012)


L’illustre sconosciuta Fornero (ma espressione della peggiore destra antisociale europea) e la commemorazione di Marco Biag
Intanto diventa utile la morte di Biagi per fare finta che l’illustre sconosciuta Fornero, espressione della peggiore destra antisociale europea, possa portare avanti il suo pensiero negli aspetti successivi (che non verranno), in qualche modo favorevoli ai lavoratori. Ma di questi tempi c’è ancora chi fa finta di crederci. In nome suo, di Marco Biagi, sono già state fatte parecchie porcherie.
Intanto con la riforma pensionistica hanno massacrato i padri e i figli del mondo del lavoro. La riforma è già stata fatta. Si tratta di finire l’opera delle disperazioni sociali e diventare così il paese capitalista al mondo più vicino alla totale deregulamentation sociale, cioè più nulla. Ognuno si salvi come può, all’americana.

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