Da qualche tempo sono apparse su web e mass media articoli che parlano di una Direttiva Europea che renderebbe illegale i preparati a base di erbe. Tali notizie che hanno destato notevoli preoccupazioni ed inoltre gira in rete una mail piuttosto allarmante, che farebbe pensare ad una prossima (fine aprile 2011) messa al bando di tutti i preparati fitoterapici.. (Cliccare qui per vederne il testo della mail).
In realtà tale direttiva CEE non dovrebbe portare significative diversità rispetto alla situazione attuale, vediamo perché:
il Parlamento Europeo il 31/3/2004 ha emanato la Direttiva 2004/24/CE riguardante i cosiddetti Medicinali Vegetali Tradizionali, cioè medicinali a base di erbe. La norma prevede una registrazione semplificata per i medicinali a base di erbe che hanno un uso tradizionale almeno trentennale nella CE. Come termine ultimo per la piena entrata in vigore è stato fissato l’aprile 2011.
Parlare di novità non è corretto, visto che la direttiva comunitaria è stata emanata sei anni fa.
La Direttiva 2004/24/CE del Parlamento europeo del 31 marzo 2004, recepita in Italia con il Decreto Legislativo n. 219 del 24 aprile 2006, prevede che entro maggio del 2011 tutti i medicinali vegetali tradizionali dovranno adeguarsi alle norme previste per i farmaci allopatici (sperimentazione clinica, dati su sicurezza ed efficacia, standard di produzione ecc.)
Se quindi un’azienda desiderasse attribuire a un suo prodotto fitoterapico proprietà medicinali e definirlo, registrarlo e pubblicizzarlo come farmaco, benché vegetale, sarebbe assoggettata a questa direttiva.
Molti temono, sbagliando, che questa sia la fine dell’erboristeria e del rimedio naturale. Bisogna stare attenti a non fare confusione: la Direttiva comunitaria 2004/24/CE istituisce il Medicinale Vegetale Tradizionale (Herbal Medicinal Drug), mentre un’altra direttiva comunitaria, la 2002/46/CE, recepita con il D. L.vo n. 169 del 21 Maggio 2004, istituisce l’integratore alimentare a base di fibre ed estratti vegetali. Il primo è un farmaco vero e proprio, seppur vegetale, quindi adatto a curare malattie; il secondo è un prodotto di erboristeria o farmacia classificato come integratore e atto a sostenere e ottimizzare le funzioni fisiologiche dell’organismo.
Il farmaco vegetale ha la sua ragion d’essere nel contenere, concentrato, quel particolare principio attivo responsabile di una certa, determinata attività terapeutica, mentre il rimedio erboristico con finalità salutistiche basa la sua azione soprattutto sul concetto di fitocomplesso.
Va precisato che, nonostante per semplicità spesso si parli di fitoterapia e fitoterapici, la quasi totalità dei prodotti a base di piante in commercio in Italia (tutti quelli venduti in erboristeria e la stragrande maggioranza di quelli in vendita in farmacia) ricade, dal punto di vista normativo, sotto la categoria degli integratori alimentari. Tutti questi, regolamentati e ammessi in Italia dal D.L. n. 169/2004 e in altri Paesi europei in attuazione della direttiva 2002/46/CE, potranno continuare a essere venduti e acquistati regolarmente, perché non rientranti nella direttiva dei medicinali vegetali tradizionali.
Con buona pace di coloro che vorrebbero trattare come farmaco ogni rimedio a base di estratti vegetali e riservare al medico il potere di prescriverli, negli ultimi 3 anni in Italia il Ministero della Salute ha autorizzato solo un (uno!) medicinale vegetale tradizionale, mentre ha invece incluso molte decine di “nuove” piante officinali nell’elenco di quelle ammesse nella produzione di integratori alimentari.
Non solo: molte piante potranno comunque “viaggiare su un doppio binario” ed essere vendute e impiegate con modalità diverse. Si potranno preparare prodotti contenenti piante con finalità terapeutiche, ovvero medicinali, e rimedi contenenti piante con finalità salutistiche e fisiologiche, ossia integratori alimentari. Potranno pertanto coesistere in commercio due preparati a base del medesimo prodotto vegetale, uno (il medicinale vegetale tradizionale) indicato per la cura delle malattie e non dissimile, come logica d’azione ed effetti collaterali, dal farmaco “chimico”, l’altro (l’integratore alimentare) proposto per il fisiologico benessere dell’organismo e dei suoi diversi organi e apparati.
La situazione dei prodotti erboristici non sembra preoccupante. Prima di tutto perché fino ad oggi in tutt’Europa sono state avanzate poche richieste di registrazione di medicinali vegetali tradizionali il ché rende la Direttiva praticamente lettera morta. Invece, seguendo l’esempio dell’Italia che ha collocato i prodotti erboristici obbligatoriamente tra gli integratori alimentari, anche in altri Paesi europei i produttori hanno iniziato a registrarli come integratori. Così gli integratori a base di erbe sono ormai una realtà europea difficilmente ignorabile da parte del legislatore.
Il futuro dipenderà molto da come saranno interpretate le varie norme nel caso in cui si vada a un confronto tra medicinale vegetale e integratore a base di erbe e se si permetterà una convivenza dello stesso prodotto come farmaco e erboristico. Vedremo…
Fonti:
4 commenti:
...bhè, le notizie che dai sono positive allora... però rimane il fatto che chi si vuole curare solamente con rimedi naturali non può più detrarne le relative spese, ergo, con la crisi che c'è, meglio prendersi l'aspirina e detrarla piuttosto che l'echinacea, che rinforza le difese immunitarie al punto da rendere inutili i vaccini ma non è classificata come farmaco.
Non so se rendo... diffusione delle conoscenze medico-scientifiche zero, libertà di scegliersi autonomamente le proprie cure molto limitata, diciamo...
Altra cosa: non so se ti riferivi a questo ma da qualche tempo l'iperico, un rimedio antidepressivo naturale che funziona come quelli allopatici a base di paroxetina e dà i medesimi risultati, deve essere prescritto dal medico: a lui dunque la discrezione di dire se "il male dell'anima" sia davvero tale e necessiti di essere curato o meno...
Non sono affatto d'accordo su queste due cose e probabilmente non lo sei nemmeno tu... giusto?
Ciao e grazie!
Purtroppo chi si cura con rimedi naturali anche prima non poteva detrarre. Solo la scritta "medicinale" o "farmaco" lo permetteva (e lo permette). Questa è una sicura ingiustizia che urla vendetta, ma che non è posta in essere da questa direttiva. Non so se il caso dell'Iperico sia proprio quell'unico caso di cui si parla perchè nelle fonti non l'ho trovato indicato. Può darsi. Sono d'accordo che è un problema il fatto che lo debba prescrivere/decidere un medico allopatico che di medicina naturale -quasi sempre- non sa nulla... rimane la magra consolazione che, almeno in questo caso, il costo potrà essere detratto... ciao!
Discutendo di prodotti a base di piante, di estratti o derivati vegetali noto che si tende a parlare solo di alimento, integratore e medicinale vegetale tradizionale.
Sfugge il proliferare del “dispositivo medico formulato con piante medicinali”. Adesso le piante “guarirebbero” solo per azione meccanica dei loro polisaccaridi! I dispositivi italici poi sono quasi tutti di classe I (autocertificazione): ne ho trovato uno, ad esempio, che contiene Sodio Bicarbonato (come la Citrosodina, titolare A.I.C la Bayer) al quale non dovrebbe applicarsi la seguente normativa?
Decreto lgs. 24 febbraio 1997, n. 46 emendato col D. lgs. 25.01.2010, n.37 - Recepimento Direttiva 2007/47/CE – ALLEGATO IX - CRITERI DI CLASSIFICAZIONE - 4. Regole speciali - 4.1. Regola 13 – “Tutti i dispositivi che comprendono come parte integrante una sostanza la quale, qualora utilizzata separatamente, possa essere considerata un medicinale ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 e che possa avere un effetto sul corpo umano con un'azione accessoria a quella del dispositivo, rientrano nella classe III.”
Vorrei ricordare che nel caso di classi superiori alla I il marchio CE è accompagnato da un numero di quattro cifre, intendendo che il DM è certificato da un Organismo Notificato (identificato dal numero corrispondente) che svolge i compiti di sorveglianza (accesso ai fini d’ispezione presso il fabbricante, “delle prove per accertarsi del buon funzionamento del sistema di qualità e della conformità della produzione ai requisiti applicabili della presente direttiva” – allegato VI D.Lgs. 46/1997 emendato col D. Lgs. 37/2010).
Per finire riporto un passo dell'articolo sul mensile Fitoterapia33 dal titolo "Erbe, medicinali di serie C?" a firma del dott. Fabio Firenzuoli: "Quindi la distinzione non va fatta tra i medicinali, ai quali i fitoterapici appartengono, ma tra medicinali e non medicinali: è a quest'ultima categoria infatti che appartengono gli integratori così come i dispositivi medici, che sempre più spesso contengono erbe, e per i quali richiediamo la massima attenzione da parte delle Autorità regolatorie affinché, seppur utili in certi casi, non diventino facili stratagemmi per veicolare erbe come medicinali di serie B o di serie C."
Ed un altro dal blog del prof. Renato Bruni http://meristemi.wordpress.com/2010/10/06/appelli-contrappelli-cappelli-e-cappellate/ "nel caso della Classe I è sufficiente un’autocertificazione, mentre per le altre classi è previsto un controllo *sulla fabbricazione e sulla sicurezza ma non sull’efficacia* da parte di un ente preposto.
Diciamo che questa classe può diventare a breve lo stratagemma di mercato per abbinare il termine “medico” e non “alimentare” anche a prodotti di derivazione erboristica, senza dover necessariamente dimostrarne a priori l’efficacia secondo criteri medico-farmaceutici."
Per commercializzare un farmaco da banco il titolare deve ottenere l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Questo medicinale può essere prescritto dal medico per portarlo in detrazione del 19% allegando lo scontrino fiscale. Il farmaco da banco può essere oggetto di pubblicità presso il pubblico.
Alla tv noto un proliferare di prodotti dichiarati “dispositivi medici”, spesso formulati con piante medicinali (sciroppi per la tosse, tavolette, gel e spray per il mal di gola, antiacidi per il bruciore e mal di stomaco, ecc.), che dovrebbero agire solo o prevalentemente per effetto meccanico/barriera. E questi godono degli stessi benefici dei farmaci da banco: detrazione, pubblicità, ecc. Il produttore (non farmaceutico) può commercializzare col marchio CE i dispositivi medici di classe I con una semplice autocertificazione, scansando anche le relative verifiche dell’AIFA sulla correttezza delle modalità di produzione oltre a non essere assoggettati alla sorveglianza di un organismo notificato e ad eludere la normativa europea relativa ai medicinali vegetali tradizionali.
Come consumatore questo stratagemma non mi piace per niente.
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